Gli scenari inediti di Marsilio, il miracolo di Legnini e il M5s che si scioglie. Parla Fina


Il dirigente nazionale del Pd: "Dopo le europee prepariamoci ad una ricomposizione su scala nazionale"


di Anna Di Donato
Categoria: ABRUZZO
12/02/2019 alle ore 10:28



Marco Marsilio, che ha distaccato notevolmente gli altri avversari con un sonoro 48,9%. Segue Legnini con il 31% e la Marcozzi poco sotto il 20%.  Una sconfitta amara per i 5 Stelle e una sconfitta con “onore” per Giovanni Legnini, che nonostante i sondaggi lo dessero terzo dietro alla Marcozzi, è riuscito a staccarla di ben 10 punti, classificandosi secondo.

Ma l’esperimento dell'ex vicepresidente del Csm di prendere liste civiche può essere quello che in grande stile desidera mettere in atto Carlo Calenda a Roma? Che scenari aprirà il nuovo centrodestra d’Abruzzo? Che ne sarà del Movimento 5Stelle, è iniziata la crisi dei pentastellati? Impaginato.it lo ha chiesto al Responsabile Università e Ricerca del Pd, Michele Fina. 

Che scenari apre il nuovo destra-centro d'Abruzzo?

Scenari inediti, perché non abbiamo mai avuto un presidente di Regione così inconsapevole delle problematiche specifiche della nostra Regione. Credo ci vorrà, per lui e per la compagine che dovrà mettere insieme, un po’ di tempo per capire dove si trova e poi bisognerà anche capire quanto la subalternità alle dinamiche nazionali (lui è frutto di tavoli romani che lo hanno scelto e di una compagine politica in cui la fa da padrona la Lega mentre invece il presidente è espressione di un piccolo partito che non sta in maggioranza al Governo) rischi di penalizzare una Regione che ha molto bisogno di risposte nazionali. Non vorrei che un eventuale disimpegno del governo nazionale su qualche fronte delicato riguardo l’Abruzzo possa vedere la suddetta compagine come tendente a giustificare tale eventuale disimpegno invece di combattere in modo vertenziale per difendere l’Abruzzo. 

È uno schema replicabile anche a Roma, magari dopo le europee?

Assolutamente sì, per la ricomposizione di una destra a trazione leghista che cannibalizza un po’ gli altri partiti di destra ma anche e soprattutto i 5 Stelle. Essi di fatto si stanno trasformando, in questa attività di governo nazionale, in portatori di risciò, “facilitatori” della Lega. Quindi è chiaro che avendo due linee politiche che tendono a scontrarsi su molti fronti e invece, avendo la Lega una linea politica sostanzialmente affine a quella di Forza Italia e Fratelli d’Italia, la condizione singolare per cui questi tre partiti sono uno all’opposizione, uno si astiene e uno è in maggioranza è facile che si ricomponga. Obiettivamente, la Lega con questi numeri può, tornando alle elezioni, avere una presenza in Parlamento molto più consistente, allo stato attuale. 

È iniziata la crisi del M5S?

Sì, è evidente. A differenza della Lega che è un partito di destra (così come noi l’abbiamo conosciuta negli ultimi due secoli, cioè con punti di riferimento, categorie come il sovranismo, una certa xenofobia ecc., tutte questioni che conosciamo nelle destre del mondo da quando esistono), i 5 Stelle sono un movimento di protesta che esattamente come ogni movimento di protesta che abbiamo conosciuto si scioglie come neve al sole nell’esperienza di governo. Innanzitutto, molti equivoci si sciolgono.

Quali?

Si tratta di un partito che è riuscito a mettere insieme voti molti contraddittori tra loro. Una persona di sinistra non vota la Lega, mentre una persona di sinistra ha potuto votare i 5 Stelle così come una persona di destra, per cui hanno avuto nel loro elettorato del 4 marzo scorso, elettori che la  pensano diversamente tra loro. Ora nel fare attività politica, anche per l’essere portatori di risciò di Salvini è evidente che un po’ di elettori li perdono. Ho visto anche lo studio dell’Istituto Cattaneo che si concentra sulle regionali, sul Comune di Pescara e di Teramo e somma i voti che vanno dai 5Stelle alla Lega o dai 5Stelle al Pd (che si equivalgono). Su ogni 100 elettori del 4 marzo dei 5Stelle, più di 20 votano la Lega e poco più di 20 votano il Pd. Quindi, c’è un ritorno al proprio albero.

I cocci di Roma e Torino, insomma?

È questa la crisi dei 5Stelle che ripeto, è la crisi che hanno sempre i movimenti di pura e vuota protesta quando poi governano. È quello che sta succedendo a Roma, a Torino, è ciò che è successo a Parma e quello che credo succederà a livello nazionale. Tra l’altro non abbiamo ancora testato la reale verifica che credo sarà il reddito di cittadinanza: se funzionerà o meno, che tipo di problemi creerà o se dovesse funzionare che tipo di risultato positivo genererà. I risultati del reddito di cittadinanza saranno determinanti per capire se effettivamente questa crisi rischia di diventare definitiva o se, rispetto all’azione di governo, riesce a tenere e a giustificarsi.

A Legnini l'onore delle armi?

Legnini ha fatto un “mezzo miracolo”, perché senza dubbio è riuscito, con la sua storia ineccepibile e inattaccabile a essere il candidato presidente più forte. Se ci fosse stata un’altra legge elettorale col voto disgiunto, avrebbe ottenuto un risultato migliore. È riuscito a mobilitare tutti in una campagna elettorale molto difficile e ad arrivare secondo.

Il travaso di voti?

Per ciò che concerne i rapporti di forza tra Pd e 5 stelle, appena 3 mesi fa i sondaggi davano il 38% ai 5 Stelle e il 18% a tutto il centrosinistra, ossia uno spostamento di 30 punti percentuale perché il centrosinistra arriva al 31 e i 5 Stelle scendono sotto il 20. Da più 20, la percentuale dei 5Stelle diventa -10 e questo poteva farlo solo Legnini. Dico “mezzo miracolo” perché le condizioni date non potevano consentire di più, in quanto non ha potuto nascondere che il consenso sul governo dei 5 anni di amministrazione di centrosinistra non è assolutamente positivo e non ha potuto riparare a un’assenza del Pd che dopo il 4 marzo ancora non ha una nuova leadership nazionale, una nuova linea politica, nemmeno a livello regionale.

Ha contato la "zavorra" renziana?

Noi siamo andati alle elezioni sostanzialmente col Pd di Renzi, lo stesso che ha preso una batosta alle elezioni politiche, quindi non poteva imprimere la discontinuità necessaria e non poteva godere di una linea politica nazionale ripensata, ridefinita dopo il 4 marzo. Il mezzo miracolo è stato che non poteva cambiare le condizioni date, che ha preso così com’erano, con un centrosinistra ai minimi termini e ha fatto tutto quello che poteva fare in un mese e va ringraziato per la generosità. Siamo arrivati secondi, entra in consiglio regionale e darà senza dubbio un contributo essenziale al lavoro del consiglio regionale e alla ricostruzione di un centrosinistra… perché il percorso che di fatto è iniziato e che ora va completamente ripensato, è cominciato sostanzialmente un mese prima delle elezioni. 

L’esperimento di Legnini di prendere liste civiche può essere quello che in grande stile vuole fare Calenda a Roma?

No, non sono convinto. Quando dico che Legnini ha fatto un mezzo miracolo e quando dico che le condizioni date non erano positive, dico che con altre condizioni, con un Pd già ripensato, ridefinito con una nuova leadership e con un’eredità non così scomoda, Legnini avrebbe potuto fare un altro lavoro, con un messaggio magari più radicale e di cambiamento.

Il fronte anti populista di Calenda?

Non so se la ricetta, alla fine, è un’aggregazione indistinta di tutti quelli che vogliono resistere all’ondata populista (che è poi l’aggregazione indistinta che mi è parso di capire fosse la proposta di Calenda). È il modo di perdere, magari con onore, ma comunque di perdere, come è successo in Abruzzo. Credo che sì, vada ricostruita un’alleanza di centrosinistra anche tra forze di destra ma tali forze devono avere una loro specificità: devono poter raccontare e raccogliere anche un pezzo di voto popolare, di protesta, di disagio che è il compito storico delle sinistre. Invece noi facciamo un’aggregazione che indistintamente dice: ‘l’Europa è bella, tutto sommato la globalizzazione ci renderà tutti più felici, ci sono le disuguaglianze ma in futuro, a medio termine, tutti saremo più ricchi e staremo meglio…’.  Beh, rischiamo di prendere una “tranvata” definitiva. Abbiamo bisogno di ripensare un nostro radicalismo. L’aggregazione indistinta di tutto e il contrario di tutto non aiuta il radicalismo perché bisogna fare sempre il minimo comune denominatore: togliendo, resta un messaggio molto annacquato.

Quindi un'allenza con quale perimetro?

Credo che debba esserci sì un’alleanza (come c’è stata ai tempi dell’Ulivo, con forze diverse), però ognuno deve fare il suo mestiere. Oggi siamo nella fase in cui nessuno fa il suo mestiere e questo è un po’ quello che abbiamo pagato in Abruzzo. Abbiamo fatto tante liste, tanti progetti politici e naturalmente il fatto che dovessimo farlo per resistere, per difenderci, poi ci ha impedito di avere un messaggio molto forte di radicalità e discontinuità. Il mondo, però, sta andando in tutt’altra direzione. La stessa sinistra di Corbyn che vince è una sinistra forte perché ha idee, parole forti…altrimenti avremo parole forti di Salvini, parole forti dei 5Stelle e parole deboli nostre. Così, non credo che arriveremo tanto lontano. 

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