E mentre iniziano gli interrogatori degli indagati nell’inchiesta sugli appalti del dopo-terremoto gestiti dal MIbact (ieri tutti con le bocche cucite, tutti che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere: Lello Piccinini, Berardino Di Vincenzo, Antonio Zavarella, Marcello Marchetti), un capitolo importante delle indagini si concentra su Pescara e sul ruolo di alcuni dirigenti della Regione.
Sono sempre le intercettazioni a mettere a fuoco i rapporti tra Berardino Di Vincenzo, il segretario generale del Mibact poi arruolato come consulente dalla Regione Abruzzo e finito agli arresti domiciliari, e il dirigente Sergio Di Pietrantonio la cui posizione è stata stralciata dall’inchiesta, con quali obiettivi si vedrà nei prossimi giorni. Rapporti che servivano a procurare consulenze e contratti di lavoro per il figlio di Berardino anche al Comune di Pescara.
L’8 settembre 2016, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare, Di Vincenzo contatta Di Pietrantonio, dirigente della Regione ed ex dipendente del Comune di Pescara) e gli dice che il figlio ha ricevuto un incarico dal Comune di Pescara per piazza San Giuseppe e aggiunge di averne già parlato con l’architetto Vespasiano e con l’ex vice sindaco Enzo Del Vecchio ma, visto che l’incarico era solo per la progettazione, chiede apertamente una “mano” anche per la direzione dei lavori e la sicurezza:
“Opere pubbliche…sì, ne avevo parlato con Vespasiano e Del Vecchio no…di questa cosa…soltanto che mo ho visto..hanno fatto l’incarico soltanto per la progettazione e non per la direzione dei lavori e la sicurezza, mi puoi dare una mano per questa cosa?”.
Di Pietrantonio accetta e però dice che occorre parlarne con Giuliano Rossi, dirigente dei settore Lavori pubblici del Comune. Di Vincenzo chiede se ci può parlare: “Ci puoi parlare?”. “Come no, come no” risponde Di Pietrantonio. E restano d’accordo sul fatto che Giancarlo lo dovrà richiamare il lunedì successivo per ricordarglielo. Il 12 settembre Giancarlo chiama il padre per comunicargli che Di Pietrantonio non gli risponde: niente paura, risponde il padre,
“e guarda, quello spesso sta in direzione perchè il lunedì D’Alfonso sta a Pescara”.
Poco dopo è Berardino che rassicura il figlio: “quello di Pescara” lo aveva richiamato confermandogli di aver sistemato tutto, “sta tutto apposto” e l’incarico sarebbe arrivato presto, pure per la direzione dei lavori. E infatti il 15 settembre è Di Pietrantonio che contatta Berardino per informarlo del buon fine della raccomandazione:
“Te l’ha detto tuo figlio? Quello là, c’ho parlato con quella persona”. Insomma, stavano istruendo il procedimento, “è un work in progress, ok tranquillo…”. Va tutto bene.
Ma il potere di Berardino Di Vincenzo non cessa col suo pensionamento. Anzi, l’incarico di consulenza che gli affida la Regione gli consente di gestire il potere ancora alla grande. E dice infatti alla moglie, in una intercettazione, che oltre a tenersi gli incarichi in tre cantieri, la Chiesa di Collemaggio, Palazzo Ardinghelli e la Chiesa di San Filippo,
“è tutto l’incarico specifico, l’incarico è, a parte per i tre cantieri, Collemaggio e quegli altri”, risulta collaboratore del segretario Gizzi “poi per collaborare con il direttore, si avvale della mia collaborazione per le programmazioni del Cipe”.
E sempre nell’ordinanza si legge che Di Vincenzo comunica con un sms a D’Alfonso di aver firmato il contratto di collaborazione, un contratto, scrive il gip Gargarella,
“che sicuramente gli garantirà ulteriori possibilità di gestione di procedimenti di ricostruzione, programmazioni Cipe e partecipazione a tavoli di decisione da sfruttare a proprio vantaggio”.
E aggiunge, il gip:
“La citata nomina senza oneri diventa quindi una fonte di ritorno in termini di immagine e conoscenza, indispensabile alla vita dello studio tecnico del figlio e grazie alla quale continua a tessere rapporti”.
E infatti, in una conversazione col parroco di Caporciano, don Emeka, dice:
“…ma io, anche se sono andato in pensione adesso lavoro sia con la Regione che con il Ministero dei Beni culturali…sono un consulente…quindi le programmazioni le faccio sempre io…”.
Le programmazioni le fa sempre lui. C’è ancora una intercettazione col figlio Giancarlo, fondamentale, a detta del gip, per mettere bene a fuoco Di Vincenzo e la sua “spregiudicatezza nel gestire a vantaggio personale il ruolo rivestito”, ed è quella in cui chiede al padre se siano stati confermati i lavori presso la chiesa di Caramanico, dove è in parola per ricevere un incarico di progettazione: no quella chiesa non c’è nell’elenco, ma sarà sua cura, dice il padre, lavorarci per far sì che venga inserita nell’elenco delle chiese da restaurare, “non ti preoccupare che mo ci penso io”.
ps: Mi manda papà, pure a Pescara insomma.