Verso le Regionali, Tagliente: "Centrodestra unito intorno a Marsilio"


E su Salvini: "Leader concreto, sa arrivare al cuore della gente"


di Anna Di Donato
Categoria: ABRUZZO
25/01/2019 alle ore 19:01



L’imminente arrivo di Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi in Abruzzo in vista delle elezioni regionali a sostegno del candidato presidente Marco Marsilio fa sì che sorga una domanda: che centrodestra troveranno? Dopo mesi di discussioni, strategie e totonomi, il centrodestra sembra essersi stretto intorno al suo candidato, appianando quelle divergenze che ne avevano “minato” la solidità. Ecco l'opinione del decano dei consiglieri regionali Giuseppe Tagliente

Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi arrivano in Abruzzo: che centrodestra trovano?

Trovano un centrodestra direi sostanzialmente unito, che mi pare di poter dire si sia stretto intorno al candidato alla presidenza della Regione Marco Marsilio. Sembrano superate le incomprensioni del momento ed è subentrata, finalmente, la consapevolezza che per cogliere un risultato bisogna marciare uniti e superare i distinguo, i personalismi, le sterili discussioni. La presenza dei due massimi esponenti del centrodestra che fa seguito ai due tour di Salvini mi pare abbia questa chiave di lettura. 

Perché si è scelto di non candidare un esponente leghista alla presidenza della Regione?

Questo è un aspetto di cui hanno già parlato abbondantemente i giornali, sia in sede locale sia nazionale. È stata una decisione del tavolo nazionale e in qualche modo ha condizionato le scelte anche locali. Del resto, la scelta su Marsilio alla fine ha trovato tutto d’accordo, anche perché, voglio dire, è una personalità fuori dagli schemi locali, che non risente di turbative di tipo campanilistico che avrebbero potuto ulteriormente complicare le scelte. 

Salvini ha raddoppiato il 17% del 4 marzo: come c'è riuscito?

Salvini riesce a stabilire (lo abbiamo visto nel suo tour di domenica scorsa) un colloquio con la gente, a entrare in sintonia anche con gli abruzzesi e nonostante su di noi si siano scatenati gli strali degli avversari, la gente sta con lui. Credo sia chiaro che riesce a riempire le piazze come nessuno e a entrare nelle corde della gente. Se solo assistiamo ai dopo incontro ce ne rendiamo conto. Resta a parlare con le persone per un’ora, anche due dopo le sue manifestazioni ufficiali e questo parla da sé. Nessuno come lui, in questo momento, in Italia riesce a ottenere tanto. 

È un risultato consolidato o potrebbe rischiare di sgonfiarsi come il 40% di Renzi alle europee?

Non sono avvezzo a fare tali profezie, ma mi sembra che Salvini sia un leader che comunque, a differenza di Renzi mostri umiltà, attenzione nei confronti della gente e dei problemi delle popolazioni. Gli manca, per fortuna, quell’alterigia, quell’arroganza che ha caratterizzato Renzi, rendendolo inviso a gran parte degli italiani e che ha portato addirittura a una scissione verticale del suo partito.

Salvini parla di problemi seri, problemi che la gente vive ogni giorno, è questo il segreto del suo successo: né sofismi né filosofie incompresibili, è concreto. I suoi avversari dicono che arrivi alla pancia della gente, io dico che arriva al cuore della gente. 

Il centrodestra così come lo abbiamo visto oggi è definitivamente finito?

È finito il centrodestra che avevamo conosciuto ed è iniziata un’altra fase che vede innanzitutto un cambio di leadership che da Forza Italia è passato alla Lega e che vede una nuova generazione di politici affacciarsi nell’agone politico e tutto questo evidentemente anche perché la società è cambiata. Tutto ciò vuol dire che il centrodestra attraversa una fase di rapida evoluzione. 

E allora perché Berlusconi ridiscende in campo alle europee?

Innanzitutto perché Berlusconi è il leader del secondo partito del centrodestra come mostrano i sondaggi e non può esimersi dal farlo. Carità di patria evidentemente gli impone di scendere in campo per risollevare le sorti di Forza Italia che in questo momento non sono poi estremamente floride. 
Certo, Forza Italia vive anche uno psicodramma di non riuscire in qualche modo a fare a meno del suo leader storico, il che significa che permane in una stasi di ricambio di classe dirigente. 

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