L'hanno ammazzato 3 anni fa Giulio Regeni. E, quindi, sono già tre gli anni senza verità e senza giustizia. Seppur tutti, nel momento del ricordo, giurino di cercarle e di volerle entrambe. Ma tant'è: seppur tutti mobilitati, zero risultati.
Per la morte del giovane ricercatore triestino inviato dalla Cambridge University, dove svolgeva il suo dottorato, a il Cairo, sappiamo -ad oras- che la procura indaga e che ci sono alcuni poliziotti egiziani (cinque) iscritti a registro.
Possiamo anche arguire, da spezzoni di video buoni a sostenere il racconto che ciclicamente ne fanno i giornali, che il ragazzo è stato sin da subito seguito, intercettato, filmato e, infine, rapito e brutalmente eliminato. Sappiamo, infine, che il suo cadavere è stato ritrovato in condizioni che dire disumane è un eufemismo. Nient'altro.
Non sappiamo -restando all'Egitto- perchè mai i Servizi egiziani lo seguissero (escudendosi a priori che ogni straniero che arrivi da quelle parti, e sono milioni, sia così attenzionato!); non sappiamo se anche i Servizi di altri paesi facessero altrettanto e, eventualmente, perchè mai. Non sappiamo inoltre perchè, una volta barbaramente trucidato, il suo corpo sia stato fatto ritrovare, quando sono decine l'anno gli scomparsi da quelle parti di cui non si sa più nulla.
Non si capisce, ancora, quale vantaggio ne avrebbe potuto ricavare il generale Al-Sisi, che sarà pure poco attento ai diritti umani ma, non ai suoi interessi e che, quindi non avrebbe avuto motivo di danneggiare gli ottimi rapporti economici (leggi Gas Eni!) e diplomatici con l'Italia.
Ma è soprattutto di Cambridge che non si sa. Di quell'ateneo così speciale e dell'inizio di questa drammatica storia. A cominciare dal perchè la prestigiosa università inglese, (fucina secolare di agenti al servizio di Sua Maestà!), abbia voluto quella ricerca, in quel preciso momento, con quelle modalità scegliendo proprio Giulio Regeni.
Non sappiamo perchè la tutor Maha Abdel Rahman, sodale dei Fratelli Musulmani (nemici giurati di al-Sisi), abbia fatto pressioni (smentite ma, più che documentate!) su Giulio Regeni perché svolgesse il suo lavoro su quei sindacati autonomi oppositori del regime; perché la stessa gli avesse inoltre imposto, come supervisore in Egitto, un'altra famosa attivista anti-regime. Fatto che avrebbe potuto «sovraesporre» il ragazzo (come per l'appunto lo stesso si lamentò in una mail ad un amico!).
E, infine, non sappiamo ancora come mai Giulio Regeni fosse in possesso di un visto turistico e non di uno studentesco, com'era logico che fosse.
Ecco, dopo tre anni, queste e altre domande sono sempre li. Inevase. Forse perchè per ottenere risposte esaurienti bisognerebbe chiedere all'Inghilterra, all'ateneo di Cambridge, non a il Cairo. In alternativa, si potrà sempre manifestare e ricordare. Ma, sarà difficile ottenere verità e giustizia per Giulio Regeni. Anzi, sarà impossibile.
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