Trivelle, intesa o marcia indietro di Lega e 5Stelle?


18 mesi di stop e aumento dei canoni


di Emma Derossi
Categoria: ABRUZZO
24/01/2019 alle ore 15:07



Trivelle, accordo o marcia indietro tra Lega e 5Stelle dopo i toni accesi degli ultimi giorni e le ferme prese di posizione dall’una e dall’altra parte? Dopo una lunga notte di mediazione, in cui si è rischiato di far saltare il decreto semplificazione, con le minacce del ministro Costa di farsi da parte, è stato raggiunta un’intesa. Tuttavia, resta l’irritazione da parte dei leghisti su certe posizioni del Movimento.

La lega è infatti ferma sul “sì”, “sì alle fonti rinnovabili, sì al turismo e allo sviluppo economico sano di questo paese, non siamo certamente quelli del “No”.

AUMENTI

La moratoria prevista ci sarà e durerà 18 mesi, in attesa del piano di definizione delle zone in cui opereranno le trivelle. I canoni di concessioni, quelli che lo Stato paga per l’estrazione, sono stati tra i punti più discussi. Il Movimento aveva proposto di aumentarli notevolmente ma i leghisti hanno opinato che sarebbe stata la rovina per diverse aziende, con conseguente perdita di posti di lavoro. Saranno quindi aumentati da 35 a 25 volte, con blocco di tutti i nuovi progetti di piattaforme. 

COSTA

Per il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, che aveva minacciato di dimettersi nel caso in cui gli avessero chiesto di firmare il via libere alle trivelle, la moratoria “è un bel passaggio verso lo stop definitivo”. 
Ma che cosa c’è stato (e c’è tuttora, nonostante l’intesa) all’origine della diatriba Lega-M5Stelle sulle trivelle? Il partito di Salvini, sostanzialmente, contesta lo stop alle trivelle. Secondo la Lega, il rischio è quello di mettere in ginocchio le aziende con conseguente perdita dei posti di lavoro.

Nei giorni scorsi, il ministro dell’Ambiente Costa aveva dichiarato: “Non firmo e non firmerò autorizzazioni a trivellare il Paese anche se dovesse esserci il parere positivo della Commissione Via-Vas. Le alternative ci sono. Si chiamano energie rinnovabili”. 

ABRUZZO

Le ultime perforazioni in Abruzzo risalgono al 2016, con 11 permessi su una superficie di 2.213, 06 kmq. 
Attualmente non risultano aumenti di piattaforme. Tuttavia, la stazione ornitologica abruzzese (Soa) ha recentemente fornito nuove osservazioni in merito al procedimento di valutazione di impatto ambientale del progetto “Pozzo Donata 4 dir” dell’Eni per la perforazione di un nuovo pozzo dalla piattaforma già esistente “Emilio” in Adriatico. La piattaforma si trova in un’area compresa tra Martinsicuro (Abruzzo) e San Benedetto del Tronto (Marche), a circa 27 km dalla costa, 14,6 miglia marine. 

Si tratta di un progetto già sottoposto a una serie di valutazioni per cui la commissione Via ha chiesto ulteriori approfondimenti. Poiché le integrazioni dell’Eni sono state giudicate rilevanti per i cittadini, sono state oggetto di ripubblicazione per un mese sul sito del Ministero dell’Ambiente, con scadenza 9 gennaio 2019. Secondo la Soa, “su molte questioni sollevate, dalle risibili royalties all'impatto sui fondali, dal rischio di gravi incidenti alle emissioni fuggitive di metano fortemente clima-alteranti, non sono state date risposte. Gli unici studi sostanzialmente nuovi sono quelli sul rumore e sul rischio di terremoti indotti dalle estrazioni. 
Sul rischio sismico di terremoti indotti, lo studio da un lato ammette l'esistenza di importanti lacune conoscitive sui dati e dall'altro conclude testualmente che "il risultato sembra escludere situazioni di rischio.

"Vogliamo ricordare - aggiungono - che l'Adriatico, secondo l'Agenzia Europea per l'Ambiente, è un mare già sottoposto ad un impatto antropico insostenibile e la logica ci dovrebbe portare ad alleggerire l'impatto, non a peggiorarlo visto che la situazione è già grave”. 

Ma l'Abruzzo ha già una storia di no alle spalle, come sul gas a Bomba e sui progetti legati a Snam, cavalcati (anche elettoralmente) dal M5s locale. E il gancio col governo non sembra aver potato benefici.

 

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