La versione di Garpez: la "roba" e quei novelli Mazzarò...


Il caso del magistrato napoletano, agli arresti domiciliari con l'accusa di corruzione


di Garpez
Categoria: La versione di Garpez
23/01/2019 alle ore 08:44



Alla fine, quella di frequentare il Liceo Classico è stata la scelta migliore, praticamente l'unica che le mie scarse competenze nelle materie scientifiche (la matematica su tutte) potevano suggerire ai miei genitori quando mi iscrissero al quarto ginnasio, molti anni fa.

Sin da subito mi innamorai della letteratura italiana e quando ebbi modo di studiare la corrente letteraria del verismo, Giovanni Verga – che ne fu senz'altro il massimo esponente – riuscì a suscitare un particolare interesse per la sua prosa dedicata alla scrittura di racconti di vita quotidiana.

Su tutte, “La roba” fu l'opera che catturò l’attenzione di un giovane liceale, quando compresi che il suo autore voleva descrivere e biasimare l'atteggiamento avido ed egoistico di chi non ritiene di esser mai sazio di beni materiali, dedicando la propria vita ad accumularne in misura sempre maggiore.

A distanza di oltre un secolo da quel racconto, mi pare che ci siano dei novelli Mazzarò (questo era il nome del personaggio descritto da Verga) i quali, attualizzandone il personaggio, non si curano di perseguire il pubblico interesse per il quale sono stati investiti di numerosi poteri (e privilegi), ma scendono comunque a patti corruttivi, pur di avere per sé quanta più “roba" possibile (oggi lo chiameremmo denaro).

È notizia recente quella secondo la quale un magistrato napoletano si trova agli arresti domiciliari con l'accusa di corruzione, per avere – con reiterata e preoccupante disinvoltura – accettato tangenti da professionisti in cambio della nomina di incarichi a beneficio di commercialisti ed avvocati nell'ambito delle procedure fallimentari.

Il che, oltre a lasciare ovviamente perplessi e sdegnati, riesce con nettezza a confutare un assioma che viene ripetuto come un mantra da tutti coloro (in genere gli stessi appartenenti alle categorie interessate) che giustificano l'eccessiva entità delle retribuzioni corrisposte a determinati dipendenti pubblici con l'esigenza di scongiurarne una possibile corruzione. .

Bene, lasciate che vi dica la mia.

Anzitutto, chi decide di partecipare ad un pubblico concorso, ancor prima di essere competente e preparato (oltre che psicologicamente idoneo) deve sapere che, se risulterà vincitore, non lo farà per motivo di prestigio o vanagloria personale, ma solo per esercitare i propri poteri (più o meno ampi che siano) nell'esclusivo interesse dei cittadini.

Inoltre, il candidato deve sapere sin da subito che la corruzione, tanto nel settore privato quanto in quello pubblico, resta un reato.

Ma se a commetterlo è chi già riceve dallo Stato, e quindi dalle tasche del popolo, un lauto stipendio, la corruzione acquista un disvalore molto più ampio ed immorale.

Sa di offesa, di presa in giro, di insulto, caro Mazzarò.

 

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