Non tragga in inganno la gentilezza del fare, né la galanteria. Meno che mai la messa cantata che, nel suo ufficio, fa da sottofondo al frenetico lavorio di carte da firmare, telefonate da evadere, di incontri da organizzare. Il presidente della regione Abruzzo Luciano D’Alfonso è sempre pronto alla pugna. E non fa prigionieri: sa essere feroce con una battuta. Seppure tra una citazione di D’Annunzio e una di Pasolini. Ma comunque non si sottrae alle domande, neppure a quelle più dirette. Le risposte sono spesso sfidanti, nonostante il “perfettissimo” italiano. In questa intervista ad Impaginato.itparla delle inchieste della magistratura, a partire da quella delle ultime ore sugli appalti della ricostruzione. Del suo futuro impegno politico, ma anche del bilancio della regione entrato nel mirino della Corte dei Conti. E lo fa con il piglio di chi rappresenta una comunità che lo ha sempre premiato alle urne con una valanga di preferenze personali. Che a quanto pare gli serviranno per l’elezione in Parlamento.
Insomma lei lascia la regione per candidarsi a Roma?
“Io non mi sono mai autocandidato in vita mia. E’ un fatto che ogni volta che mi sono candidato sono stato il primo degli eletti e ho doppiato i miei avversari. Ma adesso comincio a fare i conti con un’altra parte di me: ho tre figli di cui uno piccolo che mi vuole vedere tutti i giorni. E sento di non poter fare la vita che faccio troppo a lungo lavorando come faccio ora anche 15 ore al giorno”.
Certo che l’Abruzzo non sta attraversando un momento facilissimo. Solo pochi giorni fa la Corte dei Conti ha bocciato il bilancio regionale. Rischiate il commissariamento?
“E’ un’ipotesi che non esiste, né in cielo né in terra. Sono andato al ministero dell’Economia a chiedere un strumento normativo che ci consenta l’allungamento dei tempi per l’assorbimento di un debito ereditato. Il rischio è che cessi la civiltà in Abruzzo dei diritti fondamentali: non posso privarmi di 77 milioni di euro l’anno altrimenti cessa l’agibilità istituzionale della regione”.
Di che dilazione si tratta?
“La mia idea è un ammortamento del debito a venti anni. Nel frattempo io posso chiedere risorse al sistema bancario: ho chiesto 100 milioni che non ho impiegato, perché prima voglio questo riconoscimento normativo del governo che tra l’altro serve anche ad altre regioni. Ed è stata una grande emozione interloquire con Padoan che, a breve, avrà molto a che fare con l’Abruzzo”.
Presidente è di poche ore fa la notizia di una nuova inchiesta su episodi di corruzione negli appalti per la ricostruzione. Non è esattamente un bel biglietto da visita
“Per quanto riguarda le inchieste, l’Abruzzo ha una notoria specializzazione amministrativa perché tutto è giustamente sottoposto al controllo dell’autorità giudiziaria: quindi chi pensa di fare il furbo qui ha sbagliato i suoi conti. La magistratura abruzzese lo colpirà”.
Sì ma l’inchiesta di queste ore ha rivelato un sistema di cui sarebbero parte, in particolare, anche persone che lei stesso ha indicato per ruoli strategici. Non ne sente la responsabilità?
“Non ho letto l’ordinanza e non so come esiterà l’inchiesta. Ma allo stato delle mie conoscenze non posso che dire grazie a Gianluca Marcantonio e a Berardino Di Vincenzo. Il primo è uno dei professionisti più bravi e che fanno di più per l’interesse di questa regione. E che per questo ho voluto indicare per il Consiglio superiore dei Lavori pubblici. Quanto a Berardino Di Vincenzo che ho conosciuto quando era sindaco di Caporciano e che ho trovato sempre puntuale nella espressione della sua competenza circa il patrimonio artistico, architettonico e religioso di questa regione, io non ho nulla da appuntargli. Si è offerto di lavorare gratis tra i saggi del Masterplan in quanto pensionato di alto valore professionale di una pubblica amministrazione che interessa all’ente regione”.
Sì, ma se dovessero essere confermate le contestazioni a loro carico?
“Non ho mai sbagliato nella scelta dei miei collaboratori: io sono un controllore di quanto viene fatto e sono il primo a gridare e denunciare. Nel caso in cui verrà provata la loro scorrettezza sarò il primo ad esprimere biasimo pubblico e a ricredermi sulla loro affidabilità”.
Dopo lo scivolone sulle Ombrelline si torna a parlare della Badia di Sulmona per questa inchiesta della magistratura...
“Dentro la condotta dell’uomo c’è sempre sia il legno diritto che il legno storto. Io lavoro perché prevalga sempre e solo il legno diritto. Spero che siano tutte pubblicate le telefonate intercettate rispetto a quanto ho fatto per la promozione della Badia. E che mi faranno passare come il decano della correttezza amministrativa. Ci sono telefonate da parte mia per implementare il livello del controllo: ogni euro che è stato speso lì ha prodotto cantieri e lavoro”.
Quindi pensa di essere anche lei nell’inchiesta in questione?
“Non saprei. Io mi ricordo ripetute riunioni sui lavori alla Badia di Sulmona: se sono state intercettate quelle telefonate emergerà una pretesa di correttezza gigantesca da parte della regione. Sfido chiunque a verificarlo. Non vedo l’ora che emerga tutto”.
Il suo nome probabilmente compare anche nelle intercettazioni dell’inchiesta bis su Rigopiano
“Non ho un’idea ornamentale o vacanziera del presidente della regione. In quei giorni sono stato attivissimo e sono convinto che le mie telefonate sono depositate in più di una giacenza telefonica: so che a più riprese sono stato assunto, sussunto e rilevato. Non mi stupisce che io sia nelle intercettazioni. Escludo però di essere stato ascoltato come incudine”.
Non ritiene che vada fatto un ‘mea culpa’ sulla gestione di quegli eventi?
“Nei giorni di Rigopiano ho visto il massimo sforzo da parte di tutti in uno scenario senza precedenti. I vertici dell’Esercito hanno addirittura parlato di uno scenario di guerra. Si è verificata una tempesta perfetta di cui però dobbiamo saper fare esperienza: e prepararci nel futuro al verificarsi di fenomeni sempre più violenti. E purtroppo siamo passati dal gigantismo della Protezione civile dell’era Bertolaso al minimalismo di oggi”