Sisma centro Italia: Accumuli lotta per non morire


Ad oltre due anni dal terremoto più di 50mila sfollati senza abitazione e ricostruzione completata allo 0,5%


di Leonardo De Santis
Categoria: ABRUZZO
29/12/2018 alle ore 19:33

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Da quel dramma del 24 agosto 2016 con scossa di magnitudo di 6.0, con epicentro situato lungo la Valle del Tronto, tra i comuni di Accumuli (RI) e Arquata del Tronto (AP), e dalle due potenti repliche avvenute il 26 ottobre 2016 con epicentri al confine umbro-marchigiano, sono trascorsi due anni e tutto è fermo.

Proprio così, la ricostruzione è bloccata e l’emergenza continua, attraverso l’assistenza alla popolazione nelle tende, nelle case prefabbricate o negli alberghi della costa marchigiana. 

 

Quali erano le intenzioni e quali sono le bugie

Il settore pubblico è immobile, con i quasi 2 miliardi già stanziati tuttora largamente inutilizzati; meno ancora si muove quello privato, col 5% circa di risorse impiegate sui complessivi 13 miliardi stabiliti nella legge di bilancio 2017. Pessima ricostruzione di inettitudini e bugie volate via insieme al potere declinante: dopo i primi 650 milioni spesi il neocommissario alla ricostruzione David Piccinini disse che finiva l’amministrazione straordinaria e che si rientrava nel regime ordinario. Poi naturalmente le precisazioni, le smentite.

Finché il maxiemendamento inserito nella legge di bilancio gialloverde non ha previsto nuove misure in forma di altrettante proroghe: in particolare quella dello stato di emergenza nei territori coinvolti per tutto il 2019 con lo stanziamento di ulteriori 360 milioni di euro: briciole. Da queste parti nessuno crede più a niente, ai propositi, ai soldi da dedicare, alle carte (che si possono sempre cancellare o stracciare, ancor peggio dimenticare). Ciò che ferisce maggiormente è il silenzio totale, dei media e della politica.

 

Case per gli sfollati in stato di abbandono

Come si fa a spiegare a quelli che sono sfollati da oltre due anni, che sono in mezzo al terzo inverno, che tornano sulla strada perché le Sae, le soluzioni abitative d'emergenza, cedono sulla loro testa o sotto i loro piedi. Prima le 50 casette coi pannelli del tetto che venivano giù a Visso, opera del consorzio Arcale, poi le oltre 20 di Pian di Giove, Muccia, Monte Cavallo, ma anche Amatrice, anche Accumoli, queste dell'altro consorzio Cns, con orrende schiume che ribollono dalle listarelle del pavimento, e su funghi, muffe, poltiglia miserabile.

C'è gente che entra ed esce da queste casupole e diventa pazza, perché sembra, oltretutto, una beffa carogna. Duecento milioni sono costate le 1.900 casupole, quasi tutte con qualcosa che non va: tetto, pavimenti, allacci, caldaie che si rompono, che scoppiano, condutture che gelano, un modo scientifico di attrezzare per il peggio.

 

50mila persone senza casa

Le Marche restano la regione più negletta e più aggredita, la più distrutta non solo, non tanto dal sisma di oltre due anni fa quanto dalle conseguenze dell'inerzia: interi comparti in ginocchio, quello agricolo e dell'allevamento quasi sparito, 20 mila le bestie morte e, attenzione, più di freddo, più di inverno che di terremoto.

«Neanche le stalle hanno messo, e neanche ce le hanno fatte mettere a noi allevatori, se uno ci provava gli arrivava addosso un altro terremoto: di multe». E quelle che poi avrebbero installato non erano meglio delle Sae, colabrodi dove piove dentro e le bestie, con la saggezza dell'istinto, non vogliono rientrarci. La demenza burocratica impone di tutelare un territorio ridotto a macerie e gli agriturismi sono ancora pieni di sfollati, con una certa soddisfazione umanitaria visto che il contributo pro capite oscilla intorno a 40 euro.

Una diaspora verso la costa marchigiana o abruzzese, quasi 50 mila ancora senza casa, in soluzioni provvisorie, molti che non vogliono perdere il contributo di autonoma sistemazione, lo spopolamento a questo punto irreversibile di interi villaggi dell'interno: il combinato disposto, micidiale, dei ritardi e di una burocrazia mostruosa e ottusa come un T-Rex, la normativa che muta pelle di continuo come un serpente implacabile, la mancanza di personale adeguato richiederebbero, è stato calcolato, oltre 160 anni solo per smaltire le domande programmate.

Per la notte di Natale è stato riaperto il santuario dell'Ambro, sul confine fermano-ascolano, hanno recuperato alcune chiese e strutture a vario titolo religiose, processioni e omelie vescovili, ma resta oltre la metà delle abitazioni inagibili, 43 mila su 77 mila in totale, i cantieri aperti sono circa 800, l'1%, 350 le case già riparate, lo 0,5%. Senza dire della trappola della doppia conformità, richiesta nelle strutture da sistemare con fondi pubblici e, pare, tamponata dal decreto Genova, in deroga. Altrimenti basta una minuzia e tutto torna al punto di partenza.

 

Paura per il futuro

La mancanza di un progetto organico e di una governance incisiva ed unitaria desta tremenda preoccupazione. Nei comuni abruzzesi sono stati approvati ad oggi solo due progetti di civili abitazioni. L’economia stenta a ripartire, con il rischio reale di un impoverimento del territorio ed un conseguente spopolamento.

D’altra parte, il Governo, nell’intento di realizzare le sue priorità, reddito di cittadinanza e quota 100, non ha le risorse adeguate per far fronte alla ricostruzione materiale e sociale dei Paesi danneggiati dal terremoto. Al contrario di quanto avvenuto per il sisma dell’Aquila del 2009, il Governo non ha ancora approvato una norma specifica con copertura finanziaria pluriennale certa. Quindi, si vive nella precarietà e nell’incertezza.

 

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