"Vi racconto il grande campo che sta arando" per l'Abruzzo Giovanni Legnini: parla Massimo Cialente. L'ex sindaco dell'Aquila affida a Impaginato.it la sua ricognizione sul peso specifico dell'ex numero due del Csm, che gode dell’appoggio delle liste civiche e 162 tra sindaci abruzzesi e amministratori locali.
Legnini è l’uomo giusto per l’Abruzzo? Con o senza lista civiche?
Certo, con le liste civiche. In tal modo si dà un segnale nuovo. Credo che l’operazione che Legnini desidera fare (ottima a mio avviso) sia creare un grande campo. In questo momento, rispetto al quadro nazionale, europeo e mondiale l’uscita dalla crisi (nella quale siamo ancora in parte…la più grave crisi economica, più di quella del 1929) è un’uscita a destra, destra che non ha nulla a che fare con quella che abbiamo conosciuto come la destra francese, italiana ai tempi di Berlusconi…è una destra terribile, sovranista ecc.
Per cui?
Ora si deve ricominciare a creare un fronte democratico che sia capace di raccogliere tutte le forze che abbiano innanzitutto qui in Europa l’idea di essere europeiste, democratiche e liberali, come un’idea di giustizia sociale capace di dare una risposta a tutti quei milioni di cittadini che colpiti dalla crisi non hanno avuto una risposta alla loro situazione perché soprattutto la sinistra è andata dietro a un neoliberismo. Rispetto a questo bisogna creare il suddetto fronte.
E in Abruzzo?
L’Abruzzo da tutti i suoi problemi ne esce se è capace di mettere insieme tutte le risorse. I partiti vivono un momento di grave difficoltà, perché non hanno saputo interpretare queste cose. Ora ci sono diversi tipi di liste civiche: alcune raccolgono persone che hanno rotto con i partiti e altre che veramente riaccompagnino le persone a partecipare alla cosa pubblica, intelligenze, capacità ecc. sono fondamentali. Nel mio piccolo, ho governato per 10 anni durissimi con i partiti ma avevo anche liste civiche che sono state fondamentali, molto forti.Una società complessa come la nostra ha bisogno di più forze (che poi sta al manico di chi governa e Legnini ce l’ha). In tale società c’è uno spartiacque: da un lato il sovranismo, il rinchiudersi in sé stessi e dall’altro, capendo dove sta andando il mondo, lo schieramento di forze democratiche ed europeiste. Questa è la discriminante nuova.
Come può Legnini essere discontinuità rispetto a D’Alfonso?
La politica è fatta anche di personalità. Io sono stato un sindaco di un certo tipo ma vi sono modi diversi di approcciare la politica, sono storie e personalità diverse. Non è che se uno sta in un partito ha lo stampino. La discontinuità sta nei fatti, nelle politiche e anche un po’ negli atteggiamenti anche perché buttare a mare tutto quello che è stato fatto è un errore. Le vite di tutti sono fatte di luci e ombre.
Da dove dovrebbe ripartire?
Legnini mostra una discontinuità, se non altro, perché ha un’impostazione diversa ma è cambiata la storia. 5 anni fa l’Italia, l’Abruzzo e l’Europa erano un’altra cosa. In questo periodo sta accadendo di tutto: il ritorno ai nazionalismi, ai sovranismi senza futuro, nel 2014 non c’era. Oggi è cambiato tutto, è cambiata l’Italia, abbiamo un governo che sta facendo l’esatto opposto di quello che si deve fare e certe politiche andrebbero completamente riviste. In più c’è la vicenda delle autonomie delle Regioni, del Veneto e della Lombardia, il che significa che della torta che viene divisa tra le regioni una parte andrà a loro, prenderanno più soldi e per noi sarà drammatico. Quali sono le figure possibili di presidenti di Regioni di Centrosud in Italia che possano avere un minimo di prestigio e di conoscenza anche delle leggi, della costituzione per salvare questa cosa? Ad oggi il sottosegretario del presidente del Consiglio dice che o si fa questa cosa o cade il Governo. Rispetto a questo con chi ci presentiamo? Con la Marcozzi? Oppure con un leghista? Ci rendiamo conto di quali saranno le conseguenze su questa povera regione di soli 1 milione e 300.000 abitanti se non abbiamo uno “col fisico”? Credo molto in questa grande apertura e credo che sarà la soluzione anche a livello nazionale.
Come farà a ricucire gli strappi con i territori?
Con un progetto strategico che si fa condividendolo con le popolazioni in cui si decide quale sarà l’Abruzzo nel 2030. Bisogna avere un’idea, dopodiché se si riesce a identificare qual è la vocazione di ogni area della nostra Regione, si può lavorare su quello. Ci vuole una politica diversa da come si faceva prima, in cui ogni consigliere comunale era un super consigliere, ogni consigliere regionale un super consigliere regionale e ognuno era lì per drenare i propri interessi di quartiere, città ecc.
Da dove passa il rilancio?
Per rilanciare l’Abruzzo dovremmo decidere su cosa investire, come fare dell’Abruzzo un vero volano turistico di grande respiro, la grande questione appenninica. Questi sono i discorsi da fare. La discontinuità starà nel fatto che è necessaria discontinuità sia perché le persone sono diverse sia perché si è costretti perché sono cambiati i termini. Purtroppo al Congresso del Pd gli unici che hanno scritto qualcosa siamo stati noi di Sinistra Dem con Cuperlo e oggi è uscito Zingaretti…però manca un dibattito profondo su queste questioni. La politica ormai è questa, e l’idea di richiudersi nella propria regione, nel proprio orticello non ha senso.
Che futuro avrebbe il Pd con Zingaretti?
Il futuro del Pd lo vedo in un solo modo: il Pd dovrà essere in questo ampio schieramento di forze democratiche e penso anche liberali e progressiste e deve essere il partito della sinistra. Un partito della sinistra ci vuole. Penso che dovremmo ricominciare a fare partito come presenza sui territori, posti di confronto ecc Sono l’ultimo nostalgico anche perché ci ho governato, dell’Ulivo. Credo che esso fosse un modo per tenere insieme, al di là di qualche personalità un po’ strana come poteva essere l’Udeur o Rifondazione…però è stata una coalizione. Io ho governato da Rifondazione Comunista 14 deputati e abbiamo salvato la città, facendo anche scelte importanti. Allora il Pd a L’Aquila era caratterizzato da una forza di sinistra…anche perché, se il Pd non è di sinistra io me ne vado (sorride, ndr).
Ritiene che la manovra abbia visto uscire Tria vincitore?
Credo si stia facendo esattamente l’opposto di ciò di cui ha bisogno il Paese. Credo che questa sia una manovra fatta in vista delle elezioni. Abbiamo firmato una cambiale per il 2020 di 29 miliardi di tasse e non so come faremo a stare dentro. Non ci sono vincitori e se ne esce vincitore qualcuno forse è la Commissione Europea che ha fatto vedere che per fortuna c’è l’Europa. Forse Mattarella, che ha ridotto i danni ma nessun italiano esce vincitore da questa cosa. L’Italia esce fortemente sconfitta. Quando ero piccolo c’era Nembo Kid, che poi è diventato Superman nel fumetto e c’erano dei racconti che parlavano del mondo di Duplex, che era un mondo che era esattamente parallelo alla Terra, dove nel caffè si metteva il sale, il padre diceva al figlio di non studiare ecc.
Noi stiamo vivendo questa situazione. Non vedo vincitori, penso che la pagheremo molto duramente nel 2020.
Che cosa ne sarà delle promesse dei grillini?
Sono inattuabili, si sgonfiano. È come se promettessi ai miei figli di comprare loro la Porsche. Non si possono fare queste cose…tra l’altro, in questi anni mi sono confrontato con la disoccupazione vera e c’è un solo modo per combatterla: creare lavoro. Se mettessero ad esempio i soldi che stanno mettendo per ripartire con i lavori pubblici in Italia, 150 mld di euro, forse i 600.000 operai edili che abbiamo perso li recupereremmo. Sono delle mance che scontentano, non risolvono il problema, non si investe sul lavoro e sono promesse contraddittorie e destinate a fallire.
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