I politici non possono restare fuori dal processo e i ritardi nei soccorsi non è vero che siano stati irrilevanti per i feriti. Eccole le opposizioni alle richieste di archiviazione per la tragedia di Rigopiano, sono quattro e battono tutte o quasi tutte sullo stesso tema.
La bufera di neve non si scatenò quel maledetto 18 gennaio, sostengono gli avvocati, ma l’emergenza maltempo in Abruzzo c’era già da parecchi giorni. Eppure, a fronte di una nevicata definita “la peggiore degli ultimi 60 anni” (come disse lo stesso ex presidente della Regione Luciano D’Alfonso) con tutte le criticità emerse nel territorio, la Regione convoca il Core, il Comitato operativo per le emergenze, solo il pomeriggio del 18 gennaio 2017. E’ questo uno dei punti cardine sul quale battono le opposizioni: una riunione anticipata del Core
“avrebbe consentito di fare il punto, di contare i mezzi funzionanti a disposizione, valutarne la sufficienza e di chiederne altri…Tutto questo non è avvenuto e pertanto, la condotta va penalmente censurata”.
Una responsabilità che secondo gli avvocati è dell’ex presidente D’Alfonso o del funzionario Liberatore, responsabile del Sor che in una intercettazione disse:
“Convocate il Core, altrimenti qui ci scappa il morto”.
Ma c’è un altro elemento inquietante, ricordato dagli avvocati nelle opposizioni presentate ieri al gip: la telefonata di Gabriele D’Angelo, dipendente dell’Hotel, che chiama la Croce rossa di Penne pochi minuti dopo le 10.25 del 18 gennaio, cioè dopo la prima scossa di terremoto. E’ spaventato, si sente in trappola. E’ un volontario della Croce rossa e chiede aiuto agli amici. Sul brogliaccio viene annotato: “Rigopiano, evacuazione”. Questa telefonata non è agli atti dell’inchiesta, nonostante venga registrata dalla Squadra mobile di Pescara. In questo caso il comportamento omissivo è del posto di coordinamento avanzato del Ccs, cioè la massima autorità dei soccorsi. Se la telefonata fosse stata considerata, avrebbe potuto determinare “la richiesta degli elicotteri militari, l’evacuazione totale o parziale dell’hotel nelle oltre quattro ore precedenti la valanga”. Ma non fu fatto, e nell’impianto accusatorio la telefonata scompare, non viene considerata. Gli elicotteri avrebbero cambiato gli esiti della tragedia, soprattutto per i sopravvissuti.
No, dicono gli avvocati, il fattore tempo non è indifferente: più aumenta il tempo in balia di un trauma,
“più aumenta il rischio di sviluppare un disturbo post traumatico indelebile, sostiene il dottor Francesco Gambi, psichiatra e ricercatore dell’Itab, centro di eccellenza internazionale dell’università d’Annunzio per lo studio del cervello e del sistema nervoso”.
Ma non solo: neppure la condizione particolare dei quattro bambini è stata tenuta in considerazione dalla procura,
“nessuna differenza rispetto agli adulti è stata evidenziata nella consulenza, specie al fine di verificare l’entità dei danni da trauma”.
Va anche riconsiderato il ruolo di Vincenzino Lupi e della funzionaria della prefettura Daniela Acquaviva, che a vario titolo sottovalutarono le telefonate che arrivavano da Rigopiano: in quelle due ore e mezza trascorse senza dare inizio alle operazioni di soccorso, “i superstiti dell’hotel giacevano sotto un cumulo di macerie, ricoperto da una massa enorme di neve…”
E sul ruolo dei politici (in merito alla realizzazione della Carta valanghe, per esempio) gli avvocati non condividono quanto scritto dalla procura in merito alla dirigenza caratterizzata da “sudditanza psicologica nei confronti del potere politico”.
”Se è vero, come è vero, che al potere politico spetta il ruolo di indirizzare la P.A. amministrata, è parimenti esatto attribuire agli organi amministrativi l’obbligo di realizzare quelle linee guida. Se però un membro del governo eletto dovesse – per agire – sempre attendere l’impulso da parte della componente burocratica della Pubblica Amministrazione, si finirebbe per considerare il politico un mero verificatore degli indirizzi che spetterebbero – e non è questo il senso delle norme invece correttamente citate – ai funzionari”.
Senza considerare il fatto che il politico ha il potere di revoca dei dirigenti. E a sostegno di questa tesi, gli avvocati citano il caso dell’ex presidente della Regione Gianni Chiodi: i politici hanno responsabilità, insistono gli avvocati, altrimenti “non si spiegherebbe come mai alla giunta Chiodi viene riconosciuta una certa operatività nel promuovere un “impulso politico, così da meritare l’archiviazione; un impulso politico che in altri casi invece non vi fu, ma ciò nonostante è stata allo stesso modo considerata doverosa l’archiviazione”. Insomma, dicono gli avvocati: come mai a Chiodi viene riconosciuto il fatto di essersi attivato per realizzare la Carta valanghe tanto da meritare l’archiviazione e allo stesso modo un comportamento opposto come quello dei successori e dello stesso D’Alfonso, viene allo stesso modo archiviato?
“Pare dunque – chiosano – che le posizioni tra chi diede impulso politico e chi invece non lo diede siano state giuridicamente poste sullo stesso piano (archiviazione)”.
ps: Quindi, per questi motivi, sostengono gli avvocati, le condotte dei funzionari e quelle dei politici dovrebbero essere considerate in concorso. La parola ora spetta al gip.
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