Vasto, torna l'appuntamento con "L'almanacco dei vastesi"


"Lu Lunarie de lu uaste", opera annuale di Giuseppe Tagliente, Paolo Calvano e Fernando D'Annunzio


di Anna Di Donato
Categoria: ABRUZZO
20/12/2018 alle ore 08:54



Si intitola “Lu Lunarie de lu uaste” ed è l’almanacco dei vastesi, volume che torna anche quest’anno  a partire dal 17 dicembre 2018, in tutte le librerie e le edicole locali, con racconti di vita, storia, tradizioni, lingua dialettale locale e illustrato con oltre 300 immagini in gran parte inedite. Un successo da 3000 copie vendute ogni anno, in un periodo in cui l’editoria non gode di certo di buona salute. 
Verrà presentato sabato 22 dicembre 2018 alle ore 18 nel salone della Pinacoteca a Palazzo d’Avalos a Vasto, alla presenza degli autori Giuseppe Tagliente, Paolo Calvano e Fernando D’Annunzio e moderato dal giornalista Orazio Di Stefano
Per saperne di più Impaginato.it ha intervistato il già decano dei consiglieri abruzzesi Giuseppe Tagliente


Anche quest’anno torna Lu Lunarie de Lu Uaste, l’almanacco dei vastesi, giunto alla sua diciannovesima edizione. Com’è nata l’idea di questo volume?

“L’idea nacque nel 2000 perché io e i miei collaboratori sentivamo la necessità (nel tempo qualcuno è andato via e qualcuno si è aggiunto) di creare uno strumento che riannodasse il filo tra le generazioni e soprattutto fungesse, finalizzato a questo scopo, come riferimento per avere notizie storiche, informazioni di carattere demagogico, di dialetto, personaggi attuali e del passato nonché icone storiche cittadine, ossia tutto quello che costituisce il patrimonio di una comunità. È importante perché è uno strumento che punta a rafforzare i vincoli di questa collettività, che come tutte le altre in Italia è messa in serio pericolo dall’immigrazione soprattutto ma anche dall’ignoranza galoppante della coscienza di sé, della propria identità, della propria storia”. 

Quali sono i temi cardine dell’edizione di quest’anno? Quali le novità rispetto agli altri anni?

“Sulla scia della continuità, le novità di quest’anno vanno dal recupero di alcune terminologie dialettali, quelle espressioni derivanti dal latino (soprattutto quello ecclesiale) “storpiate” in dialetto, tipo il recupero delle terminologie riguardanti i vari tipi di verdure che si possono trovare al mercato. L’anno scorso lo avevamo fatto per le tipologie di pesci, così come vengono chiamati in dialetto. Interessante, sarà il ricordo dell’impresa di D’Annunzio a Fiume, per passare a un tema più serioso, di cui sarà il centenario, e di cui ricorderemo come a quell’impresa hanno preso parte 4 vasetti, il più illustre dei quali si chiamava Francesco Paolo Mattioli, grande banchiere italiano, che allora muoveva i primi passi in quel mondo ma che divenne il banchiere umanista famoso in tutto il mondo, padrone assoluto per circa mezzo secolo della Banca Commerciale Italiana. Mattioli partecipò all’impresa fiumana facendo da ufficiale di collegamento tra D’Annunzio e Toeplitz, che allora era il fondatore della Banca Commerciale Italiana. Vi sono anche alcune figure importanti come i due fratelli vastesi che fecero fortuna negli Stati Uniti nell’epoca del proibizionismo. C’è anche una piccola storia dei fornai vastesi che ripercorre assieme alle famiglie protagoniste dell’artigianato locale le modalità di confezione del pane, il tipo di farine usate nel tempo ecc. Vi sono anche delle rubriche dedicate ai vecchi “fusti”, quei personaggi immarcescibili entrati nell’immaginario collettivo e che magari pur avendo oggi 70-80 anni hanno avuto un ruolo e ancora lo mantengono all’interno della comunità. Tra questi, un regista vastese molto noto in Canada, Paul Tana che ha origini vastesi. Si parlerà di Carnevale, processioni, tutte le modalità con cui si svolgevano una volta.

Abbiamo dedicato delle pagine Paul Scheuermeier, demologo e fotografo che fu in Abruzzo e non solo in quegli anni e che ci ha lasciato una ricca documentazione iconografica, che riproponiamo in piccolissima parte (una decina di foto rispetto alle centinaia da lui scattate all’epoca) nel nostro libro. Si tratta di immagini di personaggi, modalità di vita e costumi della civiltà contadina di allora. Sono immagini toccanti che sembrano appartenere alla preistoria ma in realtà si tratta soltanto di pochi decenni fa. 

Se potesse attribuire tre aggettivi a questo libro, come lo definirebbe?

In realtà, direi solo che è uno strumento per riannodare il colloquio tra le generazioni. Negli anni scorsi (quest’anno no) ho messo in copertina una citazione di Italo Calvino che ritengo calzi a pennello per un esperimento di questo genere, ossia che “una comunità è fatta da chi è stato e da chi deve ancora venire”. 

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