Sono fermamente convinto che ogni attività lavorativa, purché svolta in maniera onesta, abnegata e coscienziosa, abbia pari dignità morale, nonostante le innegabili diversità proprie di ciascuna di esse.
Tuttavia non posso non constatare come nei confronti di determinati professionisti manchi, nella concezione popolare, un basilare fondamento di riconoscimento e di rispetto per l'impegno, la preparazione e la dedizione profusi da coloro i quali, attraverso anni di studi, molto spesso riescono a risolvere molti dei nostri problemi, sia pure in settori molto differenti tra loro.
Il discorso, lo dico subito, può essere pienamente valido per molte altre tipologie di attività, quindi non me ne vogliano tutti coloro che non vengono presi in considerazione in questa sede.
Ma registro una particolare “avversione" rispetto alla categoria degli psicologi e degli avvocati. Questi liberi professionisti affrontano un ciclo di studi iniziale e di successiva preparazione molto intensi, pagando dal primo libro all'ultima delle bollette di studio di tasca propria. Molto spesso applicano (anche se non dovrebbero) tariffe ben al di sotto di quelle minime previste dalla legge, cercando di venire in contro alle esigenze di pazienti e clienti.
Non sto parlando dei luminari o di coloro che si sentono tali e che pretendono esborsi di cifre esose, perché in ogni settore ci sono scale di valori soggettive. Io mi riferisco alla maggior parte degli appartenenti alle categorie appena descritte, che devono quotidianamente affrontare, studiare, assorbire i problemi, le preoccupazioni ed i disagi altrui, per poi vedersi negare (a volte con scuse più o meno incredibili) anche quel minimo guadagno che spetta loro di diritto per l'attività svolta.
Badate bene. Ciascuno di noi ha il diritto di pretendere qualsiasi cifra in base al valore che attribuisce alla propria attività, come ciascuno di noi ha il diritto di rifiutare di avvalersi dell’opera di quel professionista. Ma una volta ottenuto l'intervento a nostro favore, dobbiamo avere il rispetto di riconoscere loro il dovuto, senza mortificare l'impegno di chi si è messo a nostra disposizione.
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