Ci sono diversi modi di concepire e realizzare l'integrazione etnica, e non voglio certamente esprimere con questo un giudizio morale oppure, men che mai, suggerire scelte politiche all'amministrazione comunale che attualmente occupa gli scranni del palazzo di città di Pescara.
E, tuttavia, mi sembra che in relazione alle soluzioni individuate in riferimento alla sistemazione degli innumerevoli cittadini extracomunitari che, fino a qualche tempo fa, occupavano con le loro baracche sgangherate il piazzale adiacente la stazione ferroviaria, non mi pare sia stata operata una scelta pienamente condivisa dai cittadini pescaresi.
Lo scorso 26 settembre è stato pubblicato il bando del progetto sperimentale, per la durata di due anni, che prevede 100 stalli all'interno dell’area del "Mercato etnico e dell'integrazione" nel sottopasso ferroviario della stazione centrale di Pescara.
Lo scopo di tale decisione sarebbe da individuarsi (leggo testualmente) nel “rafforzamento dell’efficacia della politica di coesione, nella promozione dello scambio di esperienze, mostrando particolare attenzione alle politiche d’integrazione ed accoglienza contenute nei relativi programmi”.
Si potranno vendere solo prodotti “unici, originali e di elevata qualità”, il tutto senza “nessuna insicurezza e nessuna illegalità” poiché i 250.000 euro previsti in bilancio garantiranno l'ingresso nell'area esclusivamente ai “titolari di regolare autorizzazione all’esercizio della vendita ambulante e se stranieri in possesso anche di regolare permesso di soggiorno”.
Un bel programma, non c'è che dire.
Ma lasciatemi fare una banale considerazione: prima di organizzare il “Mercato etnico e dell'integrazione”, i “vu cumprà” che bivaccavano, tra condizioni igieniche discutibili e vendita di prodotti contraffatti o di dubbia sicurezza, erano ben oltre i 100 previsti dai novelli stalli.
Siete sicuri che rinchiudere meno di un terzo di questi individui sotto una galleria garantisca la soluzione del problema che si vuole risolvere?
E dal 101esimo in poi, che fine faranno?
Dove li ritroveremo, se non davanti ad un negozio, una chiesa, uno stabilimento a chiederci ancora una volta…”vu cumprà"?
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