"Alla scoperta di Marte nei cieli d'Abruzzo" grazie ad un team dell'Università D'Annunzio


Il XRD/XRF ha il compito di analizzare la mineralogia e la chimica delle rocce marziane sfruttando il principio della diffrattometria e fluorescenza a raggi X.


di Redazione
Categoria: ABRUZZO
13/11/2018 alle ore 15:11



"Alla scoperta di Marte nei cieli d'Abruzzo" grazie ad un team dell'Università D'Annunzio. 

L’ XRD/XRF, sviluppato dall’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti-Pescara, rappresenta uno strumento ultra-miniaturizzato composto da due tipi di congegni, la diffrattometria e la fluorescenza a raggi X, in grado di effettuare rispettivamente analisi mineralogiche e chimiche di campioni di roccia. La strumentazione è stata realizzata per la missione ESA ExoMars, la prima sonda robotica dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) che atterrerà sul pianeta rosso nel 2021, con l’obiettivo di rilevare indizi di acqua passata o recente sul pianeta marziano.

Nel suo complesso l’XRD/XRF rappresenta uno strumento innovativo, che con il suo chilo e mezzo di peso, lo rende il più piccolo diffrattometro esistente al mondo.

È un prodotto il cui concept è stato realizzato grazie al finanziamento della Agenzia Spaziale Italiana (ASI).

Il prototipo lo si deve ai fondi ESA-ExoMars del 2006/2007. L’idea preliminare dello strumento infatti è di un team italiano guidato dall’IRSPS dell’Università Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara insieme ai gruppi inglesi delle Università di Leicester e di Brunel, la sede milanese della Thales Alenia Space Italia, azienda spaziale multinazionale, e l’Università olandese di Delft.

Il XRD/XRF ha dunque il compito di analizzare la mineralogia e la chimica delle rocce marziane sfruttando il principio della diffrattometria e fluorescenza a raggi X.

Con la riconfigurazione della missione con partnership russa ora è stata proposta una versione modificata e tecnologicamente più avanzata per poter essere presentata in future missioni planetarie.

Nello specifico la nuova versione, il Tomox a raggi X, prevede di fare una mappa della composizione del campione e sfrutta come sorgente a raggi X gli isotopi radioattivi Fe55 e Cd109, che consentono di risparmiare energia contrariamente a quanto avviene con l’utilizzo del tubo catodico.

La diffrattometria a raggi X (XRD) è una metodologia che consente di determinare le fasi mineralogiche presenti nella roccia grazie all’interazione del raggio X incidente, generato da un tubo a raggi X, con la struttura geometrica del reticolo cristallino. Tale determinazione è possibile grazie all’emissione da parte di ogni singolo cristallo di uno spettro caratteristico identificativo.

Di fatto, l’interazione tra l’onda elettromagnetica X e la struttura cristallina dei minerali presenti nel campione da analizzare, misurando sia l’effetto di diffrazione sia quello di fluorescenza, consente di ottenere la caratterizzazione completa della composizione della roccia analizzata.

Inoltre il Tomox permetterà di ricostruire una tomografia 3D della superficie esposta del campione, permettendo una completa caratterizzazione della roccia e della sua evoluzione.

Il prototipo si trova attualmente presso il laboratorio di Telerilevamento e di Planetologia dell’Ateneo Gabriele d’Annunzio di Chieti in cui si effettuano test e verifiche con rocce terrestri che sono considerate come potenziali analoghi di campioni marziani.

Questo strumento infatti può costituire un valido aiuto anche in altre discipline, specialmente in campo archeologico per quanto riguarda il settore archeometrico, per mappare la composizione mineralogica ed elementare di un artefatto (come dipinti, sculture, ceramiche, reperti archeologici). Un metodo non invasivo che consente di ottenere informazioni sul processo di produzione e sulle condizioni di un oggetto senza toccare il manufatto.

Marte

Marte costituisce il quarto pianeta del sistema solare in ordine di distanza dal sole e rappresenta il più esterno dei quattro pianeti cosiddetti “rocciosi”, insieme a Mercurio, Venere e Terra. Si contraddistingue per il suo colore “rosso” dovuto dalle grandi quantità di ossido di ferro che lo ricoprono.

La domanda che si pongono spesso gli studiosi è se un tempo ci sia stata vita su Marte poiché le sue caratteristiche lo rendono uno dei pianeti più simili alla Terra.

La sua superficie presenta inoltre formazioni vulcaniche, valli, campi di dune e calotte polari e si può suddividere in due aree, una settentrionale, caratterizzata da una morfologia più pianeggiante rispetto a quella meridionale, molto craterizzata e che costituisce la parte più antica del corpo planetario. Qui sono presenti il monte Olimpo, il vulcano più grande del sistema solare (alto 22 km, con un diametro di 600 km) e la Valles Marineris, un sistema di canyons che supera senza dubbio in lunghezza quelli terrestri, con i suoi 150–2200 km in lunghezza.

Il pianeta rosso inoltre mostra le dune di sabbia che si creano con l’azione dei venti marziani. Attorno al pianeta orbitano due piccole lune, Phobos e Deimos, che lo accompagnano sin dalla sua nascita. L’esplorazione del pianeta marziano ha avuto inizio nel 1960 con il primo lander Viking riuscito ad atterrare sulla sua superficie nel 1975.

Successivamente, missioni più recenti tra cui, Mars express 2003, MRO 2005 e Curiosity del 2012, hanno evidenziato la presenza di acqua sotto forma di ghiaccio. Infatti, molto probabilmente circa 4 miliardi di anni fa era un pianeta ricco di acqua, come si è potuto osservare anche dalle numerose evidenze di morfologie fluviali e bacini lacustri.

Al progetto Tomox collaborano: Lucia Marinangeli (responsabile scientifico), Loredana Pompilio, Antonio Baliva, Anna Chiara Tangari, Oliva Menozzi, Vasco Lasalvia.

Oltre al progetto TOMOX, il gruppo dell’Ud’A è anche coinvolto in team scientifici di esperimenti a bordo di missioni planetarie dell’ESA e NASA per l’analisi geologica delle superfici planetarie di Marte e Mercurio da dati acquisiti in remoto, cioè da strumenti a bordo di satelliti orbitanti attorno al pianeta.

Recentemente, sono risultati vincitori, insieme ad un team internazionale capitanato dalla società Alma Sistemi di Roma, di un progetto europeo, IN-TIME, nell’ambito del prestigioso programma Marie Curie, per la sperimentazione di un nuovo strumento per la misura dell’età delle rocce basato sulla proprietà di alcuni minerali di emettere luce quando stimolati da una sorgente.

L’obiettivo finale del progetto è di rendere questo strumento per la datazione delle rocce adattabile ad una missione robotica per Marte e poter per la prima volta fornire informazioni sull’età del campione direttamente in situ.

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