Chieti tra misteri e antiche sepolture secondo Vignali


Una cartina disegnata dagli archeologi anni fa, mostra i punti della città in cui sono presenti reperti di vario genere


di Anna Di Donato
Categoria: ABRUZZO
05/11/2018 alle ore 14:34



“Chieti città con tanti misteri e tesori nel sottosuolo”. Così lo storico teatino Cristiano Vignali, che in una lettera aperta asottolinea come tali misteri e tesori dovrebbero essere maggiormente conosciuti e valorizzati sia come ricchezza stessa del territorio, sia per fini turistici. Che cosa nasconde dunque la città teatina?

Lo scorso settembre è stato ritrovato un antico corpo umano mummificato con testa spiccata dal collo durante alcuni lavori di riqualificazione di Piazza San Giustino. Si tratta di un avvenimento che ha destato clamore ma che tuttavia non è nuovo a Chieti, poiché già in passato sono state ritrovate antiche sepolture. Fino al Settecento, infatti, si era soliti seppellire i defunti nei pressi di luoghi di culto o in aree non urbanizzate, limitrofe alla città. Nel primo Medioevo e nella Tarda Antichità, la zona di Corso Marrucino (che ripercorre più o meno il percorso dell’antica Via Ulpia) in cui era ubicato il Foro (centro commerciale e della vita pubblica romana) dell’antica Teate, cadde in rovina e intorno furono rinvenute diverse sepolture, soprattutto nei dintorni di antichi edifici romani. A tal proposito, si ipotizza che la città, prima della distruzione dell’801 fosse abitata soprattutto sulle alture che costituiscono la collina di Chieti, ossia Colle Gallo, Colle San Paolo e la Civitella.

Nel suo libro “Chieti nella Tarda Antichità” (edito da “La Voce dei Marrucini”, 2015), Vignali ha pubblicato una cartina disegnata da alcuni archeologi anni fa, dove vengono mostrati i punti della città in cui sono presenti reperti di antiche chiese, sepolture singole o vere e proprie zone cimiteriali, come la zona dell’anfiteatro o un’area che comprende la Chiesa di San Francesco al Corso e la piazza dove oggi sorge la cattedrale San Giustino.

Tra i ritrovamenti più significativi da parte degli archeologi, citati nel libro dello storico teatino, una serie di sepolture, alla fine dell’800, nell’ultimo tratto di Via Ulpia (odierno Corso Marrucino): “due terragne prive di corredo e altre sei nei pressi della chiesa di San Francesco, disposte l’una a fianco dell’altra lungo il limite della strada romana, scavate nel terreno a una quota leggermente inferiore”. Un’altra sepoltura fu rinvenuta rasente il muro del Seminario diocesano, “rivestita interamente e ricoperta di lastroni di pietra calcarea, al suo interno era conservato uno scheletro con un anello sottilissimo di bronzo (Vedi Zecca, "Gli scavi della Via Ulpia in Chieti. Studio Archeologico, in Rivista abruzzese di Scienze, Lettere e arti, XII, 1897, pp.9-10)”. Durante gli scavi di Via Ulpia furono ritrovati materiali di vario genere di cui molti risalenti all’età romana, quali capitelli, lucerne, utensili in bronzo, due tombe a cappuccina.

Agli inizi del Novecento furono rinvenute, nel corso di lavori di rifacimento di Corso Marrucino, altre sepolture manomesse, ossia fosse poste tra alcuni muri in “opus reticulatum”, prive di corredo, che “conservavano ancor agli inumati”. Gli archeologi dedussero che i reperti fossero di età medievale, in quanto rinvenuti tra le strutture murarie di abitazioni romane. (Vedi Scenna, op. Cit., 1937 pag. 103-104). Nel 2008, vicino Largo Barbella, è stata ritrovata un’antica sepoltura longobarda, rimasta intatta per 13 o 14 secoli.

“Il sottosuolo di Chieti - conclude - è ricco di misteri e di tesori che sono in realtà la ricchezza stessa della città che dovrebbero essere maggiormente conosciuti per essere valorizzati anche ai fini turistici, ricchezze che nessun vento politico contrario alla città potrà sottrarci, basta conoscere la storia e utilizzare le risorse per mettere in mostra le bellezze nascoste di Teate Marrucinorum”.

 

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