Ode alla Mugnaia, un boccone di storia, cultura e tradizione!


World pasta day: un piatto di pasta, Federico Barbarossa ed un antico borgo d'Abruzzo


di Valentina Coccia
Categoria: Incolta
25/10/2018 alle ore 06:00

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Perché una rubrica d'arte e cultura, dedica un articolo alla pasta? Semplice: perché un piatto di pasta, di quelle tipiche, è un piatto d'arte e cultura, un viaggio a ritroso nella storia e nelle tradizioni del luogo in cui ha avuto origine. E quella della pasta, in Abruzzo, è una storia millenaria. Ve ne racconto una.

Immaginate un caratteristico borgo abruzzese, uno di quei nidi di case che riposano sulle lievi alture dell'entroterra. Immaginatelo nell'andirivieni delle sue stradine lastricate, che via via s'inerpicano sino all'imponente, irregolare castello in laterizio, d'origine antica ma successivamente rimaneggiato, che domina il profilo della minuta cittadina.

Siamo ad Elice, in provincia di Pescara, paese attestato dalle fonti sin dal XI secolo. Alle antiche case in pietra si sommano pochi altri edifici, come la chiesa medievale di San Martino, costruita nel XIII secolo ma rimaneggiata nel XVIII. Il Castello Castiglioni si affaccia sulla piazza del paese e tradisce nel prospetto le recenti aggiunte, con marcapiani e archi inquadrati da fasce verticali; mediante un ampio portale in stile barocco si accede ad un androne voltato, ai lati del quale si trovano quei locali anticamente adibiti a cantine, stalle, alloggi di servitù e corpo di guardia, mentre al di sotto scavi e ricerche hanno restituito silos e pozzi in muratura un tempo destinati alla conservazione di olio, grano e prodotti vari. Perché tutto, qui, parla di terra, di agricoltura, di una sottile forma d'interdipendenza tra uomo e natura.

Basta dare uno sguardo all'ampia vallata sulla quale siamo sospesi, quella del Fino, che vi scorre sinuoso; immaginate allora, ancora, un rigoglioso agro dorato, un'ampia trama di spighe che splendono e maturano sotto il caldo sole mediterraneo, e poi una costellazione di mulini ad acqua che nel loro mite ruotare scandiscono un tempo che è lento, ed avvolgente, ciclico come le stagioni, come la vita, un'atmosfera rarefatta in cui l'odierna frenesia lascia il passo alla quiete, alla pazienza, all'attesa, quella che sola può generare prodotti di qualità, unici ed inimitabili, come quei chicchi di grano tenero, delicatamente sfogliati.

Acqua purissima, farina locale, e poi le sapienti mani che con movimenti attenti trasformavano la ciambella in spaghetto mediante una lunga e lenta lavorazione, che ricorda la movenza della mungitura: questi gli ingredienti di una delle tipologie di pasta più antiche d'Abruzzo, la Mugnaia. Immaginate dunque questo piatto, originariamente servito essenzialmente con olio, aglio e peperoncino su una grande tavola dalla quale ognuno si serviva traendone un pezzo; siamo nel Medioevo, e la tavola è quella imbandita per Federico I Hohenstaufen, meglio noto come Federico Barbarossa, imperatore del Sacro Romano Impero, di passaggio nella vallata, che in un piatto di Mugnaia, un piatto povero, fatto dagli umili per gli umili, trovò – dice un'antica leggenda – ristoro.

La Mugnaia è oggi rivisitata e servita con ottimi sughi alle carni, specie quelle ovine.

Ora, assaporatene un boccone: chiudete gli occhi e tuffatevi nella storia d'una Regione.

Nella corposità, nell'autenticità e nella ruvidezza del piatto, vedo il carattere della mia gente.

Il gusto intenso di quei farinacei che invadono il palato è un'ode ai campi ed al lavoro di contadini e mugnai al pari degli omaggi pittorici espressi nei secoli, penso all'”Estate” di Celommi, alle “Mietitrici” di Basilio Cascella, alla “Trebbiatura” di Annunziata Scipione.

La pasta è arte, la pasta è cultura, è storia e poesia.

Viva la pasta. Viva l'Abruzzo.

 

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