Veleni e procure: Bussi, la Cassazione conferma il disastro


Va bene, i reati sono prescritti ma quelle acque furono avvelenate: l'appiglio al quale ora si aggrappano gli avvocati di parte civile


di Lilli Mandara
Categoria: ABRUZZO
21/10/2018 alle ore 08:52

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Va bene, i reati sono prescritti ma quelle acque furono avvelenate: ed è questo l’appiglio al quale ora si aggrappano gli avvocati di parte civile per preparare la richiesta di risarcimento per la mega discarica di Bussi.

Le motivazioni della sentenza della Corte di Cassazione fanno esultare l’avvocato Cristina Gerardis, che ieri mattina ha pubblicato un post su Facebook, abbinando alla legittima soddisfazione anche una piccola rivincita personale:

“A coloro che hanno polemizzato sul risultato del processo, con l’unico scopo di screditarmi, consiglio di leggere bene la sentenza: sono meno di 50 pagine, eppure disegnano un futuro di riscatto per l’Abruzzo”.

Ogni riferimento dell’ex dg della Regione Abruzzo non è per nulla casuale, è diretto a Camillo D’Alessandro che l’aveva attaccata a testa bassa su Facebook sulla vicenda delle autostrade e dei fondi Masterplan. Grazie a questa sentenza, adesso, e nonostante le prescrizioni, l’Abruzzo può contare su uno strumento efficacissimo per pretendere da chi ha inquinato la bonifica dell’area, e anche un futuro ambientale più sereno.

“Un accadimento macroscopico – scrive la Cassazione – dirompente e quindi caratterizzato per il fatto di recare con sé una rilevante possibilità di danno alla vita e all’incolumità di un numero collettivamente non individuabile di persone”.

In pratica, la Cassazione, che ha ribaltato le condanne inflitte dalla Corte d’Appello per i 10 imputati, ex manager del gruppo Montedison, assolvendone quattro per non avere commesso il fatto e dichiarando la prescrizione per altri sei, sottolinea che il reato di avvelenamento protegge dalle aggressioni dell’uomo anche le acque di falda, quelle sotterranee e non visibili ma essenziali per l’approvigionamento idrico.

Ha di fatto stabilito che la legge imponeva già ai tempi in cui fu scoperta la mega discarica, norme per la tutela delle acque e dell’ambiente. Quindi quell’area era stata già inquinata prima del 1982 e gli imputati avevano già commesso violazioni di legge.

Ma sostanzialmente, anche l’omissione può causare il disastro ambientale e l’avvelenamento delle acque: gli ermellini hanno sottolineato le responsabilità e il comportamento di chi ha minimizzato i rischi, falsando i dati per tranquillizzare i cittadini e dando indicazioni per “non spaventare” chi non era al corrente. Non solo: c’era anche chi aveva il preciso obbligo di intervenire sulla contaminazione della falda e non lo fece.

ps: Insomma, una sentenza storica, ha spiegato Gerardis. Nonostante le prescrizioni, nonostante non ci siano più strade da percorrere in sede penale, si potrà però imboccare quella del risarcimento. Avanti tutta.

 

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