Più sei potente, più sei criticabile. Ma sotto attacco finiscono i giornalisti


E il 24 ottobre per il convegno "Tra il dire e il fake" a Pescara arriva Beppe Giulietti, presidente Fnsi


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
18/10/2018 alle ore 08:54

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Se sei ministro, governatore, assessore, militare o sindaco, la critica nei tuoi confronti può (e forse deve) essere più forte: tanto più sei potente, tanto più puoi essere criticato. E la critica può essere ironica, irridente o sarcastica, e quindi anche più marcata senza per questo andare incontro a censure.

“Quanto maggiore è il potere esercitato, tanto maggiore è l’esposizione alla critica, perché chi esercita poteri pubblici deve essere sottoposto ad un rigido controllo sia da parte dell’opposizione politica che dei cittadini”: è una sentenza storica, che lascia traccia, importantissima per i giornalisti pressati da querele temerarie e richieste di risarcimento danni intimidatorie.

Una sentenza scritta poco tempo fa dalla quinta sezione penale della Corte di Cassazione (presidente Paolo Antonio Bruno, consiglieri Giuseppe De Marzo, Gigliola Calaselice, Alessandra Tudino e Irene Scordamaglia), è la numero 1474 che annulla la condanna della Corte d’Appello dell’Aquila nei confronti dell’ex sindaco di Morino ed ex vice presidente del Consiglio regionale abruzzese Giovanni D’Amico che era stato querelato per diffamazione da un maresciallo dei carabinieri al quale era stato aggiudicato all’asta un immobile del Comune. Una sentenza che riguarda la diffamazione e il diritto di critica, che come vediamo è molto più ampio di quanto si possa immaginare.

Nel diritto di critica politica il rispetto del principio di verità è necessariamente affievolito rispetto al diritto di cronaca, sottolinea la Cassazione:

“In quanto la critica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica”.

Ma c’è di più. La Cassazione richiama la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui l’incriminazione della diffamazione costituisce una interferenza con la libertà di espressione (in pratica, la Corte Edu ha in varie sentenze sviluppato il principio inerente “la verità del fatto narrato” per ritenere “giustificabile” la divulgazione lesiva dell’onore e della reputazione, distinguendo tra dichiarazioni relative a fatti e dichiarazioni che contengano un giudizio di valore, sottolineando come “anche in quest’ultimo caso sia comunque sempre contenuto un nucleo fattuale che deve essere sia veritiero che oggettivamente sufficiente per permettere di trarvi giudizio, versandosi altrimenti, in affermazione offensiva eccessiva, non scriminabile perché assolutamente priva di fondamento o di concreti riferimenti fattuali”.)

Ed è ancora più netto il quadro se la critica riguarda la politica: qui assume spesso “toni aspri e vibrati” e la Corte ricorda che la critica può assumere forme tanto più incisive e penetranti, “quanto più rilevante sia la posizione pubblica del destinatario”.

“Di guisa che il livello e l’intensità, pur notevoli, delle censure indirizzate sotto forma di critica a coloro che occupano posizioni di tutto rilievo nella vita pubblica, non escludono l’operatività della scriminante, poiché nell’ambito politico risulta preminente l’interesse generale al libero svolgimento della vita democratica”.

Significa che la critica può essere anche molto aspra nei confronti del potere, perché è preminente l’interesse all’informazione e allo svolgimento della vita democratica. Chiaro, no?

E per valutare il principio della continenza, aggiunge la Cassazione, necessario ai fini del legittimo esercizio del diritto di critica, si deve tenere conto

“del complessivo contesto dialettico in cui si realizza la condotta e verificare se i toni utilizzati, pur aspri e forti, non siano gravemente infamanti e gratuiti ma siano, invece, comunque pertinenti al tema in discussione”.

Principio della continenza che è soggetto anche al “limite allargato” che ricorre in presenza “di modalità espressive ironiche, irridenti o sarcastiche, quali manifestazioni di legittima polemica in ordine a contrapposte opinioni e comportamenti comunque di interesse pubblico.

In pratica la Costituzione non tutela unicamente

“le idee favorevoli o inoffensive o indifferenti, essendo al contrario principalmente rivolto a garantire la libertà proprio delle opinioni “che urtano, scuotono o inquietano”, con la conseguenza che di esse non può predicarsi un controllo se non nei limiti della continenza espositiva che, una volta riscontrata, integra l’esimente del diritto di critica”.

E’ la democrazia, bellezza.

ps: e a proposito di diritto di critica, mercoledì prossimo 24 ottobre, ore 15.30, nella sala consiliare del Municipio di Pescara, si terrà il convegno “Tra il dire e il fake” con Beppe Giulietti, presidente Fnsi. Il tema è sempre quello: i giornalisti sotto attacco tra intimidazioni del potere e dilagare delle notizie false e manipolate. La risposta è nella libertà e nel rispetto dei doveri deontologici.

 

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