Finalmente, a quasi nove anni di distanza dalla morte di Stefano Cucchi, la verità sostanziale inizia ad emergere.
Non che i contorni di questa deplorevole vicenda non fossero già chiari ad opinione pubblica ed inquirenti, ma la recente ammissione di responsabilità di uno dei correi autori di quell'orribile e gratuito “pestaggio" possiede una indubbia valenza simbolica.
Lo Stato ammette apertamente di aver consapevolmente sbagliato, ecceduto, dolosamente travalicato i confini del lecito esercizio del potere.
La notizia mi offre lo spunto per trattare, sia pure brevemente, dei rapporti tra cittadino e potere pubblico ed, in particolar modo, proprio con specifico riferimento alle ipotesi in cui il pubblico ufficiale esorbiti dal lecito esercizio delle funzioni ad esso attribuite (ricordo: nell'esclusivo interesse del popolo).
Mi riferisco alla possibilità, riconosciuta dalla legge, di poter reagire all'atto arbitrario del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio.
Ai sensi dell’art. 393 bis c.p., introdotto dall’art. 1 della L. 15-7-2009, n. 94 (cd. Pacchetto sicurezza), non si applicano le disposizioni degli articoli 336, 337, 338, 339, 341bis, 342 e 343 quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ovvero il pubblico impiegato abbia dato causa al fatto preveduto negli stessi articoli, eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni.
In sostanza, in presenza di un comportamento non consentito dall’ordinamento giuridico posto in essere dal funzionario infedele, a ciascuno di noi è consentito reagire (in misura proporzionale e non eccessiva), in modo da rendere la nostra risposta assolutamente lecita da un punto di vista penale.
Sento già le vostre obiezioni: “tanto il coltello dalla parte del manico ce l'hanno sempre loro". Beh..non è così.
Se questa causa di giustificazione a vantaggio del cittadino è stata introdotta vuol dire che il legislatore ha intenzione di porre freno a tutte le ipotesi di “abuso di potere".
Invitando il popolo a farsi controllore e garante del corretto esercizio di poteri che vengono attribuiti nell'esclusivo interesse della collettività.
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