Cosa hanno in comune un professore di diritto costituzionale, l’amministratore di una grande casa farmaceutica e un parlamentare del Movimento 5 Stelle? Sono solo alcuni dei relatori che in un caldissimo sabato di inizio luglio hanno partecipato all’Aquila al dibattito organizzato da Cittadinanzattiva nell’ambito del Festival della Partecipazione e dedicato al tema della tutela della salute alla prova del federalismo. Il federalismo sanitario che ha creato negli ultimi anni una profonda disomogeneità territoriale che non garantisce a tutti i cittadini lo stesso diritto alla salute: l’esistenza di 20 sistemi sanitari genera infatti forte disuguaglianze specie sull’accesso ai servizi, sulla stessa qualità dell’offerta, ma anche sulle liste d’attesa. E d’altra parte, l’esigenza di contenere i costi implica, in questo quadro già profondamente disomogeneo, l’imposizione di divieti di spostarsi da una regione all’altra per potersi curare impedendo di fatto ai cittadini di esercitare pienamente il proprio diritto costituzionale alla salute.
Ebbene la ‘strana’ alleanza riunita nel capoluogo abruzzese è convinta che si debba ripartire da una riforma della Costituzione rileggendo l’articolo 32 alla luce del principio di sussidiarietà preconizzato sempre nella suprema Carta. Argomento non facile dopo il fallimento del referendum del 4 dicembre su cui il costituzionalista Maurizio Clementi si è speso in prima persona. Per le ragioni, uscite sconfitte dalle urne, del sì. Ma ora la sfida tenuta a battesimo da Cittadinanzattiva è di cambiare approccio. Con una modifica puntiforme, che parta dal basso e cioè dalle associazioni e dai cosiddetti portatori di interessi, che possano ritrovarsi attorno alla riscrittura di una norma fondamentale per garantire l’uguaglianza tra i cittadini e l’effettiva tutela del diritto alla salute.
“La tutela della salute rientra tra le materie concorrenti tra Stato e regioni, al pari del commercio con l’estero e le casse rurali. La salute però evidentemente non può stare nello stesso calderone” spiega Clementi. Che sta elaborando un ddl costituzionale con un “approccio prudente e consapevole” alla riforma della suprema Carta. Anche perché – spiega sempre Clementi – “come venga definito il budget sanitario è fatto che attualmente avviene nelle segrete stanze della Conferenza Stato-Regioni”. Circostanza questa confermata dal senatore pentastellato Luigi Gaetti, che oltre ad essere membro della commissione Sanità a Palazzo Madama siede anche in commissione Antimafia. Dove la sanità è tema attenzionato, eccome. “Mancano forme minime di trasparenza se si pensa che i verbali della Conferenza vengono resi noti, a richiesta, con mesi di ritardo”.
E l’industria farmaceutica? Per Roche Italia questo settore “ha il dovere di rivendicare per sé un ruolo politico: le differenze tra cittadini introdotto dal federalismo sanitario negli ultimi 15 anni è intollerabile. Le barriere tra regioni non devono più esistere”, spiega ad Impaginato.it Maurizio de Cicco che del colosso farmaceutico è presidente e amministratore delegato. “Il nostro ruolo non può essere più quello di mettere in commercio i farmaci, ma anche incalzare le istituzioni sulla tutela della salute che deve essere uguale in ogni comune della Penisola. Anche perché questo settore corrisponde all’80 per cento del budget delle regioni: se si limano gli sprechi è possibile liberare risorse utili. Se si continua così invece il sistema è destinato a saltare nei prossimi due anni”.