Intesa raggiunta in Conferenza Unificata a Roma sul decreto con cui il ministero dell’Ambiente ha disposto la chiusura immediata dello zoo a Castel di Sangro.
Disponendo a carico della società cooperativa ‘Ambiente e è vita’, proprietaria del Parco faunistico d’Abruzzo, l’obbligo del mantenimento degli animali o il loro trasferimento entro 18 mesi. Nella struttura sono presenti orsi, lupi, linci, cervi, fagiani e pavoni ma anche nandù, canguri e lama. Che ora, probabilmente, finiranno nello Zoosafari di Fasano in Puglia. La struttura che il ministro Gina Luca Galletti ha deciso di chiudere per mancanza dei requisiti prescritti dalla legge, insiste su un’area di quasi 11,5 ettari.
Lo zoo era stato autorizzato dal comune di Castel di Sangro nel 1984. Ma i danni provocati dal maltempo, le fughe di animali e l’incuria ne hanno successivamente determinato il declino e la chiusura al pubblico. Nel corso di una ispezione ministeriale nel 2013 sono state evidenziate criticità gravi: sulla cura, il benessere e l’igiene degli animali (registrata, ad esempio, la morte di cuccioli di orso). Ma anche sulla mancata o carente partecipazione a programmi di educazione ambientale, sulla sicurezza delle strutture e la protezione dei visitatori.
Ne era seguito un lungo iter burocratico. Prima era stata disposta la sospensione della licenza di detenzione degli animali, in seguito revocata. E poi, dopo la fuga di un esemplare di lupo dalla struttura, era stata decisa la sospensione della licenza di giardino zoologico dato il permanere delle criticità registrate in passato e mai evidentemente superate. Criticità confermate nel 2016 da un’altra ispezione ordinata dal ministero dell’Ambiente. A seguito della quale è stato negato definitivamente il rilascio della licenza che ha spalancato le porte alla decisione di chiudere immediatamente lo zoo.