L’Abruzzo va a Giorgia Meloni: la notizia inizia a girare ieri sera sul tardi, corre di telefono in telefono, finisce nelle segreterie di partito, si accavallano messaggi, informazioni, indiscrezioni.
E acquista credibilità, molta più credibilità delle notizie fatte circolare la settimana scorsa (l’Abruzzo tocca alla Lega, è Bellachioma il candidato presidente, no tocca a Forza Italia, cercano un outsider, no un magistrato, Di Primio quandomai), perché viene fuori dopo la famosa riunione tra Berlusconi, Salvini e appunto la Meloni.
E ieri sera il pugno sul tavolo della biondina del centrodestra, che in Abruzzo ha già il sindaco del capoluogo di regione e quindi non potrebbe avanzare altre pretese (secondo i suoi alleati-rivali), avrebbe pesato moltissimo: subito parte la caccia al nome del candidato-presidente di Fratelli d’Italia: il consigliere di Pescara Guerino Testa viene subissato di telefonate, sarà lui il candidato, no no non credo si schermisce, e allora forse il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi, o Giorgio De Matteis ma anche questa sembra poco credibile, e hai visto mai che Fratelli d’Italia voglia puntare sull’attuale candidato delle liste civiche Fabrizio Di Stefano che è stato corteggiato dalla Meloni quando fu fatto fuori da Forza Italia dalle candidature al Parlamento?
Il suo no sdegnato di allora non suggerisce nulla di buono, e magari adesso in tanti si staranno mangiando le mani, compreso Umberto Di Primio. Insomma, un guazzabuglio di nomi ma nessuna certezza.
Anzi, fino a questo punto l’unica certezza sono le parole di Antonio Martino, parlamentare di Forza Italia:
“Non lo accetteremmo mai”.
Anche se poi sarà difficile mettere in discussione un accordo concepito a Roma.
Certo, la soluzione Fratelli d’Italia paradossalmente risolverebbe una grana grossa come una casa, e cioè la contesa tra i due litiganti, Lega e Forza Italia: fino a ieri c’erano tantissimi potenziali candidati che si agitavano, che andavano a Roma un giorno sì e l’altro pure, che telefonavano, ansiosi di proporsi o di affossare gli eventuali competitor.
Fino alle sette di ieri sera quando, a dispetto di un comunicato all’apparenza neutro, esce la sintesi dell’accordo: delle quattro regioni in ballo, il Piemonte va a Forza Italia, la Sardegna e la Basilicata alla Lega, l’Abruzzo a Fratelli d’Italia. Che non ha un candidato ma che non impiegherebbe molto a trovarlo, magari fuori dalle liste di partito.
E alla luce di tutto quello che viene fuori dopo, quel comunicato sembra però lanciare le basi per ufficializzare, tra qualche giorno, l’accordo raggiunto:
“Nel solco di un’esperienza consolidata premiata dai risultati del buongoverno in tutte le realta’ che amministra, il Centro-destra ribadisce e rilancia con l’incontro di oggi la sua natura di coalizione politica unita da valori comuni”.
Lo scrivono in una nota congiunta Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, leader di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia.
“Nell’attuale situazione politica, specie in vista della prossima legge di bilancio, deve continuare a manifestarsi sia da chi e’ al Governo come da chi non ne fa parte, la precisa volonta’ di contribuire nell’interesse dell’Italia a trasformare in atti dell’esecutivo i principali punti del programma di centrodestra votato dagli elettori – aggiungono -. Il Centro-destra si presentera’ unito a tutte le prossime competizioni elettorali a partire dalle elezioni regionali di Piemonte, Abruzzo, Basilicata, Sardegna con l’individuazione di un candidato condiviso, cosi’ come in tutti altri appuntamenti amministrativi”.
Il centrodestra unito, un patto di ferro che non scontenterà nessuno: è questo il messaggio che trapela. Non scontenterà neppure la Meloni: ci sta tutto quindi che tra le quattro regioni in ballo, almeno una tocchi a lei.
Dal canto suo, Fabrizio Di Stefano sembra intenzionato a correre da solo in ogni caso, portandosi dietro le liste civiche.
La soluzione Fratelli d’Italia, se confermata, potrebbe avvantaggiare nettamente i Cinquestelle e rappresentare un incoraggiamento per i tentativi di recupero del centrosinistra, Pd in testa, che spera sempre nella candidatura del vice presidente del Csm Giovanni Legnini: un quadro di questo tipo, centrodestra ufficialmente unito ma in realtà e nelle urne diviso in tre segmenti, con molti azzurri disimpegnati, potrebbe davvero convincere Legnini che la rincorsa è possibile, grazie anche agli incoraggiamenti che gli arrivano dalla base democrat.
Un discorso ancora per qualche giorno prematuro: Legnini lascerà il suo incarico il 25 settembre e prima di quella data non dirà una parola.
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