Alla vigilia delle elezioni non è proprio un bel biglietto da visita: la sanità abruzzese rischia di finire di nuovo commissariata, che significa aumento automatico delle tasse, Irap e Irpef e chi più ne ha più ne metta. Altro che taglio del super ticket per le famiglie bisognose annunciato in pompa magna a giugno scorso.
La realtà non è soltanto un po’ diversa, è diametralmente opposta: segno che la propaganda di D’Alfonso & Paolucci è davvero da mettersi le mani nei capelli.
E’ il punto relativo all’andamento dei conti 2018: nel 2017 il disavanzo è di 52,219 milioni di euro, che diventano 13,599 grazie alle risorse della gestione sanitaria accentrata, ma sempre disavanzo è, e pure pesante. E che avrà naturalmente effetti catastrofici anche sul bilancio 2018.
Così, il Tavolo di monitoraggio
“nell’invitare la Regione ad adottare tutte le misure necessarie per far fronte al disavanzo che si sta prospettando, si riservano di effettuare una nuova valutazione in occasione della prossima riunione di verifica”. E qui il ministero ricorda le sanzioni di legge previste in caso di disavanzo non coperto, che sono quelle della legge 191/2009: e cioè ritorno al commissariamento e aumento automatico delle tasse. In un anno quindi la sanità ha azzerato i pochi vantaggi messi a segno nel passato.
Il giudizio negativo è dei tecnici del Ministero della Salute e dell’Economia messo nero su bianco nel verbale del tavolo di monitoraggio del 26 luglio scorso. La Regione Abruzzo non ha centrato gli obiettivi del piano di rientro, accusa un nuovo pesante disavanzo sanitario e quindi rischia l’ennesimo flop. Che per i cittadini sarebbe deleterio.
Ma non è tutto.
E’ sottolineato con un doppio tratto di matita rosso il rapporto della Regione Abruzzo con le cliniche private. Un rapporto accondiscendente, molto sottomesso che il Tavolo di monitoraggio nella riunione del 26 luglio scorso censura aspramente. Anzi, la critica principale riguarda la governance nel suo complesso, condizionata proprio dal rapporto con le cliniche. Il ministero denuncia
“la tardiva definizione del piano di fabbisogno di personale, il rapporto con gli erogatori privati, con riferimento al superamento dei tetti e alle incongruenze tra fatturato e dati di attività trasmessi all’agenzia sanitaria regionale, l’incompleta sottoscrizione dei contratti e alla mancata attivazione dei processi di sospensione dell’accreditamento”.
Insomma, in una parola: la mano morbida della Regione con gli imprenditori privati.
E poi le note di credito delle cliniche: dal 2014 fino al 2017, 15,99 milioni di euro e prima del 2013, 56.759 milioni. In tutto 72,753 milioni di euro che mancano all’appello.
A distanza di anni dalla chiusura dei singoli bilanci, scrive il Tavolo, ci sono erogatori privati che non hanno ancora regolarizzato i propri rapporti con le Asl. Anzi, il Tavolo parla di vera e propria “inerzia aziendale” nel richiedere l’emissione delle note di credito. Ed è una strigliata pesante, quella del ministero: il disallineamento è di 36,017 milioni di euro e per approvare i bilanci bisogna vedere cosa succede con le note di credito. E sempre in tema di rapporti con le cliniche il Tavolo chiede che venga inserito nello schema di contratto il passaggio che prevede “la revoca dell’accreditamento nel caso di erogazione per due annualità eccedenti il 5 per cento il programma preventivamente concordato e sottoscritto”. Secondo il Tavolo, tre Asl su 4 per il primo trimestre 2018, risultano in linea con le norme vigenti.
Anche le residenze protette per anziani, secondo il Tavolo, sembrano essere strutture socioassistenziali e non sanitarie.
“Pertanto – si legge nel documento – la Regione dovrebbe specificare quale attività sanitaria viene effettivamente erogata e precisare le se strutture sono state accreditate per erogare prestazioni sanitarie e di quale intensità per conto del servizio sanitario regionale”.
E sul famoso Dea, il mega ospedale a cavallo tra Pescara e Chieti, i tecnici chiedono di specificare come saranno distribuite le singole specialità.
ps: Ma questo, si sa, alla vigilia delle elezioni non si può dire: si rischia di perdere i voti dell’una o dell’altra parte. Si salvi chi può.
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