Pescara: le inchieste giudiziarie all'ombra del nuovo ponte.


Il carteggio sulle certificazioni antimafia e il procedimento penale che ha coinvolto l'azienda che ha realizzato l'opera


di Ilaria Proietti - M.E.Cosenza
Categoria: ABRUZZO
23/06/2017 alle ore 09:01



L’affare scotta, mormorano fonti giudiziarie vicino al dossier. Giovedì scorso si è inaugurato, in pompa magna, alla presenza dei vertici istituzionali della regione, il nuovo ponte di Pescara. Un’opera bellissima, dall’aspetto faraonico. Finanziata con fondi pubblici, e destinata a cambiare lo skyline della città per sempre. Ma quello che invece è rimasto sommerso, invisibile alla pubblica opinione, è la ‘complicazione’ giudiziaria che ha rischiato di compromettere la stessa realizzazione dell’opera. E che molto dice dell’intera vicenda. Che è tutta nel carteggio di cui Impaginato.it ha potuto prendere visione. Intercorso tra la prefettura di Padova e quella di Pescara, ma non solo.

Prima della sigla del contratto, infatti, erano emerse criticità relative alla Fip Industriale, una delle aziende coinvolte nella realizzazione dell’opera. Come mostra, tra l’altro, la targa celebrativa posta ad imperitura memoria all’ingresso dell’attraversamento. Accanto a quella che ricorderà ai posteri il nome di Luciano D’Alfonso. Che è stato particolarmente prodigo di ringraziamenti, durante la cerimonia del taglio del nastro: ha ricordato uno a uno i politici di qualunque schieramento che si sono impegnati per portare a casa il risultato. Ha ringraziato il progettista, il ministro Graziano Delrio venuto apposta da Roma. E persino lo Spirito Santo (al governatore non fanno difetto fede e ironia) per aver fatto in modo che fosse l’azienda Di Vincenzo, di cui ha ricordato con affetto quasi filiale il fondatore, ad aggiudicarsi la costruzione. Nemmeno una parola invece sull’altra azienda dell’Ati, appunto la Fip Industriale. Il cui amministratore delegato, Mauro Scaramuzza nel 2012 aveva controfirmato il progetto con il comune di Pescara, stazione appaltante dell’opera.  

Scaramuzza e la Fip, però, erano finiti nel frattempo nel mirino della magistratura siciliana con accuse pesantissime. A quel punto era scoppiato il panico a Pescara, perché l’intoppo giudiziario rischiava di diventare un boomerang micidiale. E frenetica era stata la richiesta di informazioni alla prefettura di Padova, dove l’azienda in questione ha sede legale. Che confermava, infine, quanto segue. “La società in questione è stata oggetto di una intensa e complessa attività istruttoria ai fini antimafia” si legge in una lettera del prefetto di Padova indirizzata a quello di Pescara e datata 4 maggio 2016. Che aveva chiesto se la società in questione avesse le carte in regola sulle certificazioni prescritte dalla legge. “Alla data odierna non è stato emesso alcun provvedimento interdittivo” aveva precisato il prefetto veneto. Sottolineando di essere però “in attesa dell’aggiornamento  sullo stato del procedimento penale”. Quale?

Dagli approfondimenti relativi alla società, ora al vaglio di chi sta cercando di capire come si arrivò alla firma del contratto per la realizzazione del ponte, erano emersi due episodi inquietanti.  

La Dia di Milano nel 2010 aveva scoperto che nel cantiere del ponte sul Po aggiudicato a Cons.Fer con cui Fip era consorziata, era al lavoro un’azienda di cui era referente un soggetto ritenuto di “pericolosità sociale qualificata dall’appartenenza all’associazione mafiosa denominata ‘Cosa Nostra’”. Ma soprattutto la Dia di Catania nel 2013 aveva contestato a Scaramuzza il concorso esterno in associazione mafiosa e l’intestazione fittizia di beni. Una vicenda molto complicata: l’uomo era stato anche oggetto di un’ordinanza di custodia cautelare, revocata alla fine di ottobre del 2013 dopo che lo stesso si era dimesso dalle cariche sociali, prima da amministratore delegato e poi anche da direttore tecnico di Fip. La sua posizione  - ha annotato il prefetto di Padova nella missiva – “risulta essere stata stralciata nel procedimento penale in questione”, finito per la cronaca, con una condanna in primo grado per gli altri soggetti coinvolti. Che poi si sono visti riformare la sentenza dalla Corte di appello di Catania che li assolti dal reato del 416 bis.

Ma determinante per gli uffici dell’amministrazione di Pescara è un’altra frase della missiva. “Lo Scaramuzza allo stato attuale, non risulta  fare più parte della compagine sociale di  Fip né avere incarichi” aveva scritto il prefetto. Una precisazione  determinante per le sorti del ponte alle latitudini pescaresi. Anzi un tana liberi tutti.