Lavino, i favori all'amico architetto


Il cerchio magico di Luciano D'Alfonso finisce di nuovo nel mirino della procura


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
22/05/2018 alle ore 10:00

Tag correlati: #abruzzo#mandara#maperò

Il cerchio magico di Luciano D’Alfonso finisce di nuovo nel mirino della procura: nell’inchiesta sul parco del Lavino arrivano due richieste di interdizione, una per il dirigente della Provincia Paolo D’Incecco, e un’altra di sospensione dall’esercizio della professione per l’architetto Gianluca Marcantonio.

Sono finora nove gli indagati nell’inchiesta sull’appalto da 3,5 milioni di euro, accusati a vario titolo di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, corruzione e falso ideologico in atto pubblico: il presidente della provincia di Pescara Antonio Di Marco, l’architetto Marcantonio, i due suoi collaboratori Giovanni Ciccone e Mauro Zaccagnini, il dirigente ai Lavori pubblici della Provincia di Pescara Paolo D’Incecco (già indagato per Rigopiano e che il governatore un mese fa voleva portare alla Regione), il governatore della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso, l’ex assessore provinciale Enrico Di Paolo, l’ingegner Tino Di Pietrantonio, il collaboratore di Dalfy, Fabio Ferrante.

E’ un durissimo colpo al cerchio magico del presidente, anche lui indagato nella stessa inchiesta, visto che nell’inchiesta ci sono tutti suoi fedelissimi: a cominciare da Di Marco, passando per Fabio Ferrante, suo collaboratore nell’ufficio di presidenza della Regione e consigliere comunale Pd a Lettomanoppello, per finire proprio a Marcantonio, l’uomo che lui ha infilato al Consiglio superiore dei lavori pubblici e poco tempo dopo anche al comitato tecnico-scientifico che a suo tempo ha lavorato per Vasco Errani nella ricostruzione.

Ma soprattutto testimone della difesa nel processo Housework in cui fu coinvolto D’Alfonso, poi finito con l’assoluzione. Marcantonio, il nome che Dalfy tenne riservato a lungo per aumentare la suspense e che avrebbe dovuto stupirci, annunciato con rulli di tamburo, un nome di altissima levatura per il Consiglio dei lavori pubblici, un nome “che non vi aspettereste mai”, disse il presidente facendo immaginare chissachi.

L’inchiesta sul parco del Lavino, tra tutte quelle che hanno colpito la Regione Abruzzo a partire dal mese di gennaio dello scorso anno, è sicuramente la più emblematica, perché mette in luce un sistema di potere, con la scelta dei consulenti e dei tecnici, che ruota intorno al cerchio magico di D’Alfonso.

Di Marco, che è praticamente l’ombra del presidente “nella piena consapevolezza della condotta illecita”, avrebbe “attestato falsamente, con dichiarazione fidefacente”, nell’ambito della Convenzione per l’Attuazione degli investimenti del Masterplan, sottoscritta da Regione Abruzzo e Provincia di Pescara,

“che lo studio di fattibilità fosse il livello progettuale dell’intervento, evidenziando che tale studio progettuale fosse atto derivante dalla Provincia di Pescara, ovvero frutto delle competenze interne dell’ente e non già di altri soggetti privati”.

Il progetto invece lo ricevettero da Marcantonio, secondo l’accusa.

“Uno studio – si legge nel capo d’imputazione – “che aveva un valore economico pari ad almeno 17.268 euro, che solo apparentemente risultava elaborato dagli organi tecnici della Provincia di Pescara e che sarebbe stato posto alla base della dichiarazione fidafacente resa dal presidente della Provincia, che lo identificava come livello progettuale dell’intervento, a titolo di contropartita per la successiva emanazione di atto contrario ai doveri di ufficio” da parte del dirigente D’Incecco, cioè la “preconcertata individuazione dei tecnici professionisti coinvolti nella concreta elaborazione dell’opera progettuale, strumentale all’esecuzione dell’appalto dei lavori”, le cui attività di progettazione, “afferenti i detti lavori, ammontavano ad almeno 100 mila euro”.

Insomma, fecero finta di fare una gara, ma in realtà avevano già deciso tutto, secondo la procura “attraverso mezzi fraudolenti”: gli indagati in pratica avrebbero “preconcertato i liberi professionisti ai quali affidare gli incarichi tecnici che solo simulatamente sarebbero stati opzionati mediante metodo concorrenziale, ovvero in virtù di selezione trasparente e meritocratica dalla Provincia di Pescara; predeterminato in sede di specifiche riunioni extra istituzionali e calendarizzato in contesti meramente officiosi, la scansione e suddivisione delle attività progettuali oggetto di futuro affidamento tecnico professionale; convenuto il contenuto sostanziale dell’emanando bando di selezione dei detto servizi, concertando preordinatamente tra loro e nella specie tra il rup del procedimento (Paolo D’Incecco) e i progettisti Marcantonio, Di Paolo, Di Pietrantonio, nonché i tecnici Ciccone e Zaccagnini, le modalità e le tempistiche relative alla spartizione degli affidamenti tecnici-progettuali (di valore non inferiore a 100 mila euro) e di supporto al rup, le indagini geologiche da compiere e le modalità esecutive prodromiche all’acquisizione in capo alla stazione appaltante delle aree da includere nel cosiddetto Parco del Lavino, ciò al fine di avviare le procedure concernenti le attività previste nel cronoprogramma dei lavori”.

Insomma, si spartirono gli incarichi, alla faccia del bando di gara. E secondo la procura, che ha ricevuto il nuovo rapporto della squadra mobile a novembre dello scorso anno, D’Alfonso e Ferrante scelsero i nomi dei progettisti da incaricare, “ed in particolare indicando la persona del Marcantonio Gianluca quale referente professionale per l’aggregazione di altri esperti da incaricare direttamente e a prescindere dalle dinamiche selettive del bando pubblico” ed altresì

“predeterminavano gli importi iniziali degli incarichi inerenti il primo lotto della progettazione iniziale, che solo simulatamente in futuro sarebbero stati affidati ai tecnici di cui sopra, per effetto dell’iter selettivo sopra indicato; in tal modo turbavano il libero e trasparente svolgersi della procedura amministrativa”. E così Dalfy e Ferrante stabilirono, secondo la procura, che l’attività di rilevamento sul territorio affidata a Marcantonio sarebbe stata quantificata in 100 mila euro.

Il prossimo 23 maggio il gip Gianluca Sarandrea deciderà se accogliere la richiesta di interdizione.

twitter@ImpaginatoTw