Non sembra, ma è. È Eduard Limonov, uno che "al posto della penna ha una pistola..." spiega Roberto D'Agostino che, poi, se lo coccola col rispetto e l'attenzione che si deve ad un maestro di vita. Lui, Limonov, non si scompone, ascolta la traduzione, abbozza un mezzo sorriso mentre vaga con lo sguardo tra gli scaffali della libreria Ibs+Libraccio di via Nazionale a Roma dove è ospite della serata dedicata a "Zona Industriale" (Sandro Teti editore): il suo 'sparo' più recente.
Non sembra, ma è: scrittore, poeta, giornalista, fondatore di un partito politico (nazionalbolscevico) e volontario nella guerra in Bosnja (dalla parte dei serbo-bosniaci), Limonov ha una sua "crudeltà nichilista" e una forza narrativa, rileva il titolare del sito di politica e gossip più cliccato d'Italia, che discendono proprio dal suo vissuto. Discusso, maledetto, amato e odiato, arrestato, condannato a quattro anni di galera, liberato dopo averne scontati due e aver scritto in carcere altrettanti romanzi: questo e tanto altro ancora è Eduard Limonov.
Uno che non ha avuto paura di schierare il suo movimento contro Putin, ma che come lo Zar Vladimir è fautore della grande Russia ( "è la vera Europa") e lo ha difeso per l'affaire Skripal ("un complotto!"). Da sempre contrario all'idea del predominio statunitense sul mondo, affascinato dall'universo femminile ("Le donne..penso siano qualcosa di diverso, un'altra specie di essere umano rispetto agli uomini") con un pizzico di civetteria e con quella naturale strafottenza verso ogni ridicola forma di politically correct ammette di possedere "un anello con l'effige del Duce" che però indossa solo in casa.
Non sembra, ma è. È noto al grande pubblico grazie alla biografia che ha scritto Emmanuel Carrère (Premio Renaudot 2011) e, tuttavia, Limonov dice di non riconoscersi nel ritratto, ma non disconosce il valore che ha avuto per la sua fama la biografia romanzata che lo scrittore francese gli ha dedicato: "E' una sua opera. Non deve piacermi.
Carrère mi ha visto così, io non mi vedo come mi descrive, ma non è importante perché lui per me ha fatto una gran cosa. Mi ha presentato al pubblico di massa. Il suo romanzo è stato tradotto in 35 lingue..." Dopodichè chiosa sornione: "Il libro di Carrère ha avuto un successo che i miei libri non hanno avuto". È il momento delle domande. Così, subito gli chiedono se mai si è riconosciuto in alcune delle definizioni che gli hanno appiccicato addosso. Tipo -a seconda dei momenti e dei luoghi- che sarebbe "un fascista, un genio o uno stronzo". Senza scomporsi e sorridendo alla bionda interprete, lui annuisce e spiega:"Si, ma solo tutte e tre le cose insieme!".
Eccolo, Limonov. Non sembra, ma è.
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