L'Aquila come la Fenice: a "casa" di Maurizio De Luca: ecco la mia ricostruzione


Parla il proprietario del ristorante di via Zara e del chiosco dei giardini del Castello cinquecentesco


di Maria Elena Cosenza
Categoria: ABRUZZO
17/06/2017 alle ore 11:19



Che il personaggio sia tutto da decifrare si capisce subito dalla piccola scritta che campeggia su una porta: “pensatoio”. Il pensatoio non è altro che, a prima vista, una piccola enoteca dove oltre ad un certo disordine ordinato, spiccano le grandi etichette. In realtà è davvero il sancta sanctorum di questo locale, (sarebbe riduttivo definirlo ristorante), che è stato chiamato “La Fenice”, in segno di speranza di rinascita per l’Aquila e gli aquilani. Maurizio De Luca, il proprietario, è l’uomo del pensatoio, ne ha tutte le stigmate: schivo e all’apparenza distratto in altri pensieri. Ma se si ferma a parlare, passano meno di due minuti e riesce a stabilire un’empatia immediata con il suo interlocutore. Che potrebbe venire pure da Kathmandu: lui che pare un Socrate moderno, lo farebbe comunque sentire a casa sua.

'La Fenice' è un posto che all’Aquila non ti aspetti: potrebbe essere un locale di Milano. Ma anche di Bruxelles o di Londra. Ma qui si mangia decisamente meglio. Cosa possa essere scattato nella mente di un aquilano, come tutti alle prese con una ricostruzione difficile dopo il terremoto devastante del 2009, non è facile da comprendere. Nel suo caso non è solo una questione privata. Maurizio l’ha declinata, senza non poche difficoltà, ripartendo da sé, dalle passioni di una vita come quelle per il vino. Ma mettendola idealmente a disposizione degli altri.

“La mia storia parla di vino, io nasco in questo settore. Tutto il resto è di contorno” dice parlando della sua cantina che costudisce gemme preziose come il Biondi Santi riserva 1955, Brunello di Montalcino ricolmatura luglio 2002. L’impressione è che nulla, qui, sia casuale. “La mia esperienza è il risultato di tante nottate passate ad assaggiare i prodotti. Poi però c’è il momento della condivisione, della fiera”.

Che, per lui, è un elemento centrale e che all’Aquila assume tutt’altro significato rispetto ad altre latitudini. ‘La Fenice’ non osserva riposo settimanale e di giorno è sempre aperto. “Casa mia non chiude mai, altrimenti non saprei dove andare. Tu un giorno senza casa ci sai stare?” chiede certo della risposta. Mentre passa, come fosse davvero nel tinello di casa, dal pensatoio-enoteca al frigo, dalla cucina alla sala da pranzo. Ora è seduto al tavolo Piemonte (qui ogni tavolo è realizzato con casse di vino provenienti da diverse regioni d’Italia). E ripete: “Questa è casa mia, sono circondato dalle cose che mi piacciono. E’ il risultato di tutte le esperienze che ho avuto la fortuna di fare fino ad oggi” sottolinea. Anche se si capisce che il destino o il caso non c’entrano nulla e che fortuna bisogna metterlo fra virgolette.

Nella dispensa tiene prodotti unici come le alici della Cantabria, la regione a nord della Spagna nota per la bellezza struggente dei paesaggi e per il suo ecosistema che rende unica la qualità del pescato. Come unico e particolare è il tonno di Carloforte dell’isola di San Pietro in Sardegna o il prosciutto dei Carpazi ungheresi Mangalica. Che c’entra tutto questo con via Zara all’Aquila?

“Abbiamo inaugurato ‘La Fenice’ a dicembre 2014 e fin da subito abbiamo voluto farne un luogo che avesse un senso per noi, per la mia storia. Ma anche un’occasione di rinascita, un’offerta di accoglienza che passa, per me che faccio ristorazione, per un’analisi attenta dei prodotti da mettere in vetrina: quelli locali innanzitutto ma anche le eccellenze nazionali e perché no, quelle internazionali. I prodotti che piacciono a me”.

E del resto per Maurizio è sempre stata questa l'unica modalità possibile: i suoi pallini li trasforma in empatia con gli altri. E così i clienti sembrano più vicini di casa che vanno a trovarlo quasi tutti i giorni. E che accoglie a tutte le ore con il vino, il cibo buono e naturalmente la musica, altra sua passione, manco a dirlo. “Amo i vinili e scegliere la colonna sonora della serata in base al mio stato d’animo. Con il mio primo stipendio, a 13 anni, quando lavoravo al bar Eden dell’Aquila ho comprato una chitarra, con il secondo un mangiadischi”.

“Questo non è solo un posto dove poter acquistare prodotti eccellenti: è un posto di aggregazione” dice non perdendo mai di vista i suoi “magnifici 10 ragazzi” che lo aiutano da anni a via Zara. Come pure nel chiosco del giardino del Castello cinquecentesco dove si alternano ininterrottamente. Anche qui, all’ombra degli alberi, a qualunque ora c'è un via vai di persone. “E’ un luogo del cuore, unico nel suo genere” dice Maurizio col sigaro in bocca e lo sguardo amichevole ma da indomito.

Inevitabile passare davanti al chiosco: se al mattino si vuole fare colazione presto. E così per tutto il giorno fino all’aperitivo. In una città in alcune zone ancora a pezzi e disabitata, qui la ricostruzione del tessuto sociale va avanti ad oltranza. Tenere insieme la gente, aggregarla, dargli luoghi ed occasioni di incontro.

Quello di Maurizio De Luca è un tempo lungo. Tutto quello che sarà necessario per rimettere in piedi L’Aquila. Sta ricostruendo la sua città. Evviva.

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