Sul più romano di trionfi il timbro abruzzese di Eusebio Di Francesco. Più dei gol di Dzeko e Manolàs, più del rigore che ha riscattato De Rossi dallo svarione dell’andata. Più del video, immancabilmente virale, di Verdone che accarezza la capoccia marmorea di Nerone; più di Antonello Venditti che intona il suo inno a squarciagola. Più di tutto e più di tutti, è il ringhio a bordo campo del mister dagli occhiali di ghiaccio il frame che suggella l’impresa con il Barcellona.
Dagli appennini alle onde, è una delle rare volte in cui la regione dalle cento identità si ritrova unita dietro la medesima bandiera: e giù post con tutto il repertorio dell’orgoglio a buon mercato, dalla paella battuta dalla rostella al binomio sempre verde forza-gentilezza.
Apperò Eusebio: oggi tutti pazzi, tutti fan, tutti amici del pescarese, dell’abruzzese del momento. Anche quelli che il pallone percarità, giusto ogni quattro anni ai mondiali (quando ci andavamo); anche, e soprattutto, quelli che il Di Francesco giocatore e poi allenatore dalle tante casacche, con netta tendenza giallorossa, ha fino a ieri contrapposto nelle cento fazioni che solo il calcio sa produrre; anche, e soprattutto, quelli che nel 2009 a Lanciano avranno inneggiato all’esonero di Eusebio dalla panchina della Virtus oppure, due anni più tardi a Pescara, avranno applaudito al suo avvicendamento con il vate boemo Zeman.
Tanto per rimarcare, luogo comune per luogo comune, il rapporto mai risolto tra i profeti e le patrie. Ma dietro l’orgia dei like qualcosa di vero, e di serio, c’è: il coraggio un po’ folle (parole sue) di inventare in pochi giorni un modulo nuovo per ribaltare il pesante 4-2 della partita di andata, la consapevole assunzione di responsabilità (“in caso di sconfitta mi avrebbero crocefisso”), la generosità non affettata dopo l’impresa (“il merito è dei ragazzi”).
Magari ricapiterà chissà quando, chissà dove, perché i miracoli sportivi accadono, ma se il qui e ora è frutto del genio e della sregolatezza di questo ragazzo di riviera alla soglia dei cinquanta qualcosa di vero, e di nostro, deve esserci.
E assomiglia tanto a quel mix di coraggio, responsabilità, generosità che rende un po’ speciali gli abruzzesi quando fanno gli abruzzesi, rinunciando a prodursi in pessime imitazioni dei caratteri da commedia all’italiana: quanti politici, quanti imprenditori, quanta classe dirigente sarebbe pronta per il set.
Apperò Eusebio: adesso, dopo tanti applausi e tanti like, imitiamolo pure.
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