In Abruzzo due imprese artigiane su tre, complice la crisi, soffrono la concorrenza di aziende abusive e "sommerse" ma chi guida i destini regionali dice che va tutto a gonfie vele. Delle due l'una: o le imprese dicono il falso o altri millantano risultati mai raggiunti.
A denunciare i numeri difficili del settore è un dossier di Confartigianato, dal quale emerge un tasso di irregolarità occupazionale pari al 16, 7%, dato che colloca la regione al quinto posto della classifica nazionale dopo Calabria, Campania, Sicilia e Puglia.
Tra i vari settori, il più colpito dal fenomeno delle "imprese fantasma" sembra essere quello edile, ma operano in nero anche numerose attività di servizi alla persona, trasporti e magazzinaggio, servizi di alloggio e di ristorazione, servizi di informazione e comunicazione, agricoltura, silvicoltura e pesca.
La provincia più "sleale" è quella aquilana, con 4687 unità esposte alla piaga dell'abusivismo. Seguono la provincia di Chieti (5.507, 64,5%), Pescara (4.634, 63%) e Teramo (4.869, 61,2%).
Un altro fronte oggettivo in cui chi ha avuto in mano il timone della barca Abruzzo ha scelto di navigare all'interno del porto e di non cercare fortuna in mare aperto, con il risultato dell'unica conseguenza possibile: il ristagno.
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