Rigopiano, denunciato Luciano D’Alfonso. Gli avvocati del sindaco di Farindola Ilario Lacchetta hanno presentato in procura a Pescara una denuncia nei confronti del presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso per la tragedia di Rigopiano del gennaio dello scorso anno per gravissime omissioni. “Interi procedimenti amministrativi, già avviati, dedicati alla prevenzione e alla salvezza degli abitanti della Regione – si legge nella denuncia – furono bloccati a partire dal 2014”.
“Un gestione dell’emergenza che risulta sconvolgente per mancanza di organizzazione e di rispetto delle procedure operative imposte dalla legge”. La Regione sapeva quindi dei gravissimi rischi che correva ma non ha fatto nulla.
L’immagine che emerge dalle prove, secondo gli avvocati Cristiana Valentini, Goffredo Tatozzi e Massimo Manieri, è quella di una pesante mala gestione della Protezione civile della Regione Abruzzo”. Mala gestione, proprio così: non solo perché i procedimenti per la prevenzione furono bloccati, ma soprattutto perché non fu mai completata la pianificazione multirischio approvata con Dgr 793/2013, non fu realizzata la mappatura di previsione delle valanghe ordinata con altra delibera e inoltre non furono aggiornati i piani di emergenza comunali, mai realizzato il doveroso piano di emergenza regionale cosiddetto multirischio. Tutte opere già previste e organizzate fino al blocco dell’anno 2014.
“Nel 2014 la Regione Abruzzo viene abbandonata senza strumenti di protezione civile, benché già previsti organizzati, perfino con apposito stanziamento di risorse”.
Cosa ha fatto D’Alfonso, o meglio cosa non ha fatto? La Regione, è questo il dato più desolante e drammatico, “possedeva la cognizione esatta attestata ufficialmente dell’esistenza del rischio valanghe dei suoi enormi costi in termini di possibili danni a persone e cose”.
In pratica, sostengono gli avvocati nella loro denuncia, quando l’emergenza purtroppo arriva con la valanga che travolge l’hotel Rigopiano, “il quadro delle omissioni peggiora”: il Core (comitato operativo regionale) si riunisce solo al termine del terzo giorno di caos, alle 15:30 del 18 gennaio 2017, ed è in seduta quando avviene la tragedia ma si scioglie senza esserne al corrente. Sempre il Core viene convocato con minimo due giorni di ritardo. Due giorni che sarebbero stati preziosi per coordinare mezzi e uomini ovvero l’emergenza neve e lo sgombero delle strade.
Sono tante le telefonate intercettate in cui si parla del Core, di cosa avrebbe dovuto fare e come, di cosa non ha fatto, sottolineano i tre legali. Il responsabile della sala operativa regionale Silvio Liberatore la mattina del 18 gennaio freneticamente segnala il presidente l’urgenza di convocare il colore, data la gravità dell’emergenza in atto e conclude, agitatissimo:
“Qua dobbiamo fare un tavolo perché sennò qua ci scappa il morto”.
Un tavolo, il Core appunto, che avrebbe dovuto essere convocato almeno due giorni prima, quando la sala operativa regionale era già entrata in fase cosiddetta S3, cioè stato di unità di crisi regionale.
Quando il Core finalmente si riunisce non lo fa all’Aquila dove è situata la struttura della sala operativa e dove dovrebbe stare, lavorando gomito a gomito con la Sala, ma si riunisce a Pescara per ordine specifico del presidente. E a Pescara non dispone neppure delle schede di segnalazione degli eventi avversi, ordinati per luogo e gravità, che avrebbero dovuto essere inviate alla sala operativa. Non solo: nessuno si è attivato in quelle ore per chiamare i militari del Sar (Search and Rescue) che sarebbero stati pronti in 30 minuti, come è emerso dall’inchiesta per la Rai di Ezio Cerasi.
“Il presidente – si legge nella denuncia – in quelle ore drammatiche, anziché dirigere e coordinare l’opera di soccorso, in costante contatto con la sala operativa regionale, come avrebbe dovuto fare ex lege si trovava fuori Abruzzo, si organizzava per l’open day, tartassava l’Enel di telefonate del tutto inutili, preannunciava risarcimenti, pubblicava notizie Ansa o segnalazioni di servizi Tua, pubblicava i santi del giorno, colloquiava con i cittadini, realizzando una Protezione civile molto social, ma tutt’altro che efficiente e tutt’altro che tecnicamente condotta”.
Sono le frasi intercettate, secondo il pool di avvocati, che delineano la gravità, l’imprudenza e l’imperizia che hanno caratterizzato la condotta del presidente della Regione Abruzzo nell’emergenza dei giorni dal 16 al 18 gennaio 2017”.