Non fa una piega la direzione regionale del Pd che ieri sera si è riunita per l’analisi del voto. Non succede nulla, il segretario regionale Marco Rapino resta al suo posto, e rilancia con l’idea di costituire una specie di comitato che non si capisce a cosa debba servire, e Luciano D’Alfonso resta invece col piede in due staffe, al Senato e alla Regione Abruzzo “per altri cento giorni”.
Per la verità, ieri sera alla Direzione lui ha detto che potrebbe dimettersi subito “o il più tardi possibile” ma ieri mattina nel corso dell’ennesima conferenza stampa è stato netto e lapidario: resterà in carica per altri 100 giorni e presenterà le sue dimissioni da governatore solo dopo la convalida del Senato.
Lo farà a dispetto del danno che arrecherà al partito che comunque dovrà affrontare prima o poi le nuove elezioni regionali. Anzi, forse consapevole e proprio per questo pronto ad affossarlo ancora di più. Così spiega che “l’insediamento di un senatore ha due passaggi: la proclamazione e la convalida. Io – dice – attendo che gli organi collegiali del Senato facciano la verifica dei poteri che poi si conclude con la convalida e lo stesso giorno farò questa difficile lettera agli abruzzesi e anche al mio vicepresidente Lolli”.
Tempo che impiegherà, dice, a dimostrare agli abruzzesi tutto il bene che ha fatto alla Regione, come se non fossero bastati questi anni e l’idea che gli elettori si sono già fatti, bocciando di fatto il governo regionale e il Pd. Gli chiedono, alla fine, dell’ipotesi Legnini per una candidatura del dopo-D’Alfonso, e lui risponde che sì certo, “Giovanni ha un patrimonio di esperienza che è favoloso, ma ci sono anche altre personalità, altre risorse”.
Una risposta che tradisce la grande gelosia nei confronti dell’attuale vice presidente del Csm che vede come fumo negli occhi. Ancor di più se si concretizzasse l’ipotesi che Legnini prenda in mano le redini del partito in autunno, subito dopo la fine del suo incarico istituzionale.
Non è successo niente madama la marchesa ieri sera alla direzione regionale ma in mattinata poco prima della conferenza stampa di Dalfy, in Regione tra i consiglieri e gli assessori targati Pd sono volati gli stracci. La tensione è alle stelle e si fa strada la consapevolezza, per chi soprattutto dovrà ricandidarsi, che l’attuale strada intrapresa dal governatore-senatore li porterà dritti sparati al suicidio.
Non a caso ieri l’unica voce fuori dal coro è stata quella del vice presidente della Regione Giovanni Lolli(a parte Graziano Di Costanzo che ha chiesto le dimissioni di Rapino) che ha sottolineato che bisogna cambiare passo almeno su tre fronti: sanità, lavoro, politiche sociali. Non ha chiarito però se per cambiamento intenda rimpasto, cambio di assessori o semplicemente cambio di linea politica.
D’Alfonso dal canto suo è apparso giù di tono, evidentemente essere uno dei tanti peones a Roma non gli garba: ricordiamoci che aveva detto che avrebbe portato l’Abruzzo al governo e che sarebbe rimasto a Roma solo se gli avessero offerto un ruolo da ministro.
Adesso, forse, questi cento giorni serviranno proprio a questo: a scoprire cosa succederà. Perché nel frattempo, entro questi tre mesi, potrebbe decidersi anche la data delle prossime elezioni politiche se il nuovo governo, come probabile, resterà in carica solo il periodo necessario per varare la nuova legge elettorale.
ps: A questo punto è chiaro il motivo per cui sia lui che Camillo D’Alessandro di dimissioni non vogliono sentir parlare: va a finire che restano senza manco una poltrona, meglio prendere tempo no?