Fs, moglie e figli dei dipendenti a bordo gratis. E le Regioni pagano


Presentata un'interrogazione alla Camera: "L'ex monopolista ferroviario fa welfare aziendale a spese della qualità del servizio"


di Maria Elena Cosenza
Categoria: Strade Ferrate
15/06/2017 alle ore 12:22



Un aiuto di Stato. Indebito. Lo definiscono così, i parlamentari Ivan Catalano e Adriana Galgano, il ‘contributo’ che le Regioni versano a Ferrovie dello Stato per consentire ai dipendenti di Fs di viaggiare con tariffe superscontate.

 

Per questo hanno presentato un’interrogazione al Ministero delle infrastrutture e Trasporti e al Ministero delle Finanze. Per denunciare quanto già emerso dopo un’inchiesta del Fatto Quotidiano che ha scoperto che il benefit riguarda mezzo milione di persone. Che usufruiscono di speciali concessioni di viaggio senza limiti chilometrici offerti gratuitamente o nel caso delle Frecce pagando un diritto di ingresso di appena 15 euro.

 

Una concessione che per Ferrovie si risolve in una forma di welfare aziendale, frutto di contrattazione sindacale e che risponderebbe al fisiologico pendolarismo dei lavoratori dei servizi di trasporto ferroviario.

 

Peccato però che è stato esteso, come si denuncia nella interrogazione ora all’attenzione dei ministri Delrio e Padoan, anche ai figli dei dipendenti (fino al venticinquesimo anno di età), al coniuge e pure agli ex dipendenti che si trovavano in quiescienza al tempo del rinnovo contrattuale del 1990.

 

Accordato in vece di un aumento salariale di circa 100 mila lire al mese dovuto in virtù di una aumento di produttività richiesto dall’azienda.

 

E qui si pone più di un problema: intanto perché Trenitalia è legata alle regioni da contratti con le quali queste ultime ‘acquistano’ un servizio scegliendo il tipo di treno e pure l’anzianità delle carrozze - scrivono Catalano e Galgano -. Acquisti, in termini di qualità, condizionati dal costo che devono sostenere per il benefit aziendale. Se le regioni, infatti – pare essere il ragionamento dei parlamentari - , non fossero costrette a pagare per garantire queste agevolazioni potrebbero permettersi di garantire agli utenti treni più confortevoli. Il mancato introito conseguente a tale benefit aziendale verrebbe insomma scaricato sugli enti pubblici regionali, “il che potrebbe costituire – a giudizio degli interroganti – un indebito aiuto di Stato per l’ex monopolista ferroviario”.

 

Ma poi questo benefit, specie per quanto riguarda i pensionati come viene computato al livello di bilancio aziendale?

 

Galgano e Catalano vogliono vederci chiaro: vogliono sapere quale sia il costo per ciascun dipendente equale sia quindi l’onere annuale. E ancora. Data la natura “apparentemente integrativa della retribuzione assunta dall’istituto a quale genere di trattamento fiscale siano soggetti i lavoratori che ne beneficiano”. Quale sia il regime Iva relativo ai titoli di viaggio. Ma non solo. Dato che il benefit in questione è previsto che cessi se gli ex dipendenti dell’ex monopolista vanno a lavorare per altre imprese ferroviarie, i parlamentari vogliono sapere se i biglietti gratis possano essere considerati parte integrante dello stipendio e della pensione. “E ciò in particolare per i dipendenti di Rfi, società che per definizione ha un ruolo di terzietà nei confronti di tutte le imprese ferroviarie”. Perché questo, nello specifico potrebbe produrre un effetto anticoncorrenziale in relazione alla normativa europea.