Poche righe secche, nessuna spiegazione: il direttore dell’Arit Sandro Di Minco si è dimesso venerdì scorso, lascerà il suo incarico a capo dell’Agenzia regionale per l’Informatica e la Telematica alla scadenza del preavviso, tra due mesi al massimo.
Uno scatto di dignità, la famosa porta sbattuta in faccia alla Regione dopo anni di angherie. La classica goccia è caduta a dicembre scorso, quando la Regione ha nominato Carlo Montanino commissario dell’Arit, dopo averci già provato un anno prima con Paolo Menduni, nomina poi contestata dalla procura della Corte dei Conti. Una sovrapposizione, un atto di sfiducia: Di Minco, avvocato e consulente in diritto delle tecnologie dell’informazione, ha sopportato e poi è sbottato. No, nessuna parola grossa, nessuna lite, non è nel suo stile. Una letterina secca, senza neppure uno straccio di motivazione: manco quella soddisfazione gli ha dato al presidente della Regione.
Che per metterlo all’angolo, ne ha pensata una più del diavolo. Come l’emendamento che ha fatto approvare dal consiglio regionale a dicembre scorso per nominare Montanino: una modifica alla legge regionale che ha stabilito che la scelta del commissario straordinario spettasse proprio alla Regione:
“Nelle more della riorganizzazione strutturale e funzionale dell’Agenzia, il presidente della giunta regionale individua, con proprio decreto, un commissario straordinario col compito di insediare e rendere operativa l’Aric in relazione alle nuove e ulteriori funzioni ad essa attribuite dalla presente legge, senza interferire con le normali modalità di funzionamento della struttura informatica”.
Ma cosa deve fare di tanto importante l’Arit? Dovrà realizzare la famosa centrale unica degli acquisti, o soggetto aggregatore: una struttura che dovrà gestire gli appalti di tutti gli enti pubblici della Regione, maneggiando milioni di euro. Quindi occorre una figura di fiducia, ha pensato la Regione che fino a questo momento ha considerato l’Agenzia un carrozzone da utilizzare come ufficio di collocamento, buono soltanto ad assumere e pagare consulenti. Ma il tam tam di questi giorni racconta anche di malumori fortissimi dentro l’Agenzia, anche nei confronti del direttore dimissionario, colpevole secondo molti dipendenti di non averli difesi con D’Alfonso. Insomma, offese e insulti rivolti al personale dell’Arit da parte del governatore, che Di Minco avrebbe incassato senza reagire. Anzi, aveva promesso di organizzare una conferenza stampa in risposta a una lettera con pesanti accuse rivolte all’agenzia, ma poi si è tirato indietro.
Insomma, i dipendenti adesso temono per il proprio futuro: un direttore, due commissari, mancanza di commesse e il nuovo staff che dovrà lavorare alla centrale unica degli acquisti che si insedia al quinto piano di Piazza Unione, mentre loro a prendere insulti.
ps: Non è una bella prospettiva per chi lavora lì dentro. E le dimissioni di Di Minco hanno inferto il colpo di grazia.