Bagnai, Bellachioma, D'Eramo. Al di là dei curricula dei tre salviniani eletti in Abruzzo (il prof. No euro Bagnai è da tempo noto tra l'altro anche ai lettori del Fatto Quotidiano) spicca il dato politico in casa centrodestra, che andrà pesato e portato all'attenzione delle future sfide per le amministrative che in questa Regione, già da ieri, sono all'ordine del giorno.
Il ragionamento che circola, ancora a bassa voce, in molti ambienti è il seguente: se un partito la cui pelle è cambiata da pochissimo, la Lega di Salvini che da Nord si sta facendo nazionale (si veda il 6% in Puglia) doppia e a volte triplica i suoi voti, staccando Forza Italia, soprattutto nel Triveneto e nelle valli lombarde significa che ha futuro.
Mentre per chi, come Fi, scende al di sotto del 15% e non riesce ad esprimere la golden share, si apre una stagione densa di interrogativi.
Così come osservato per il Pd, nessuna Norimberga, sia chiaro. Gli analisti e i commentatori non devono fare processi sommari se vogliono offrire ai lettori e ai cittadini una lettura completa di fatti e dinamiche.
Ma, certo, da oggi diventa imprescindibile una presa d'atto, di errori, condotte, scelte e strategie. Per esempio, come non perdere i voti che non sono finiti a Lega e M5S?
Quanto conterà il civismo guardando alle prossime amministrative? Chi sarà in grado degli attuali contenitori, di interfacciarsi con le liste civiche, con le energie dei territori, con le pulsioni di chi, ingabbiato tra sogni, rabbia e potenzialità ancora inespresse, ha un contributo di know how da offrire?
E ancora, chi sarà capace di dialogare con quei collegi che hanno votato di pancia alle politiche ma che alle amministrative, così come è accaduto sino ad oggi in Italia, preferiscono bussare alla porta dei partiti?
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