Un aumento ragionato, mica un regalo: dissero così alla Regione Abruzzo quando zitti zitti quatti quatti aumentarono i budget per le cliniche.
Sì, ragionato: perché in questo modo conterremo la mobilità passiva, che è quel numero che appesantisce di milioni e milioni di euro il bilancio della sanità e che misura i soldi che i pazienti fanno spendere all’Abruzzo andando a curarsi fuori regione, dissero in coro presidente e assessore.
Proprio per niente: la mobilità passiva, anche se in lieve miglioramento, è sempre pesantissima. Anche perché gli imprenditori della sanità privata si sono inventati un metodo (che la Regione conosce e avalla) per guadagnare due volte: la prima con i budget e i rimborsi diretti, la seconda grazie ai soldi della mobilità passiva, che grazie a un giro tortuoso escono dall’Abruzzo ma poi ritornano nelle loro tasche.
Basta leggere i dati: la meta sanitaria più gettonata, secondo uno studio dell’Agenzia sanitaria regionale condotto da Vito Di Candia e dal direttore Alfonso Mascitelli, è qui vicino: le Marche, e guarda caso, la struttura sanitaria prediletta da chi va a curarsi fuori regione è “Villa Anna”, dove nel 2016 si sono registrati 2644 pazienti.
Villa Anna è un’altra clinica insieme a Villa San Marco che stava nella vecchia società Stella Maris, di proprietà (anche) di Luigi Pierangeli, imprenditore della sanità con base a Pescara e ora anche oltre regione.
E’ un metodo ormai conosciuto: molti pazienti, quando viene raggiunto il budget fissato dalla Regione, che non sono proprio due bruscolini, vengono dirottati nelle cliniche amiche fuori regione. In questo modo gli incassi crescono, e la Regione paga.
Eppure i soldi non mancano, anzi arrivano con le carriole: il 26 giugno 2015 il commissario alla sanità Luciano D’Alfonso con una mossa a sorpresa, aumenta i tetti di spesa ai privati sottraendo risorse a un bilancio regionale già quasi totalmente dissanguato.
E li aumenta a partire dal 2014. Sette milioni 827 mila 255 euro in più. Non accadeva dal 2005. Il budget passa così dai 123 milioni e rotti (123.963.659) fissato al 30 ottobre del 2014, ai quasi 132 milioni di oggi (131.790.914).
Nel decreto del 24 giugno scorso, D’Alfonso parlava, della “necessità di qualificare l’offerta di prestazioni sanitarie della rete ospedaliera privata al fine di una integrazione progressiva tra pubblico e privato accreditato nonché di consolidare la sussidarietà e ridurre la mobilità passiva”.
Ridurre la mobilità passiva, come no. E lo faceva nonostante il tavolo di monitoraggio dell’aprile precedente avesse sottolineato che gli operatori privati avevano superato il budget per circa il 105 per cento (Pierangeli e Spatocco 110%, Villa Serena 113%, Di Lorenzo 104% e San Francesco 102%). E chiedeva al commissario quali azioni intendesse intraprendere “per riportare la spesa del privato nei limiti previsti dalla programmazione regionale, stante la mancata sottoscrizione dei contratti”. E rilevava “il perdurare del disallineamento tra produzione e fatturato”.
Nonostante questo, Dalfy se ne infischia e firma la coccola.
I dati, certificati dall’Agenzia sanitaria, dimostrano che la mobilità passiva è sempre pesantissima, semmai ce ne fosse bisogno.
Sono stati 36.108 i malati abruzzesi che nel 2016 hanno scelto di curarsi fuori regione, a fronte di una spesa totale di 133 milioni e 890mila euro. Lo rivela, appunto, l’indagine dell’Agenzia sanitaria regionale. I pazienti di altre regioni che invece hanno scelto di curarsi in Abruzzo sono stati 24.681 (a fronte dei 24.204 dell’anno precedente).
Un flusso che ha portato nelle casse della Regione ben 84 milioni. Il saldo, però, continua a restare negativo, attestandosi a circa 50 milioni di euro.
I pazienti scappano prevalentemente da Teramo, (11.813 pazienti hanno deciso di emigrare, pari al 24.7% della popolazione residente). A seguire ci sono L’Aquila, con 8716 ricoveri fuori regione (16.4%) , Chieti (9410, pari al 15,8% della popolazione) e Pescara (61669 ricoveri, per il 12,1%).
E mica si va soltanto in Lombardia, magari a curarsi i tumori, e questa sarebbe una scelta comprensibile. No, si va fuori per le patologie più banali: quella che va per la maggiore è la patologia a carico del piede.
Nel 2016 i ricoveri sono stati 1198, a fronte di una spesa complessiva di due milioni 792mila euro; a seguire ci sono i cicli di chemioterapia (882 pazienti, per due milioni 228mila euro) e gli interventi sul ginocchio (832 ricoveri, per una spesa di un milione 603mila euro). Se invece si analizza il dato in base alla spesa, al primo posto c’è la sostituzione di articolazioni maggiori o il reimpianto degli arti inferiori.
E qui viene il bello: tra le regioni più gettonate ci sono appunto le Marche (11.317 ricoveri), per una spesa di 37milioni, seguite dal Lazio con 9365 ricoveri e una spesa di 31 milioni, l’Emilia Romagna, 5003 ricoveri e una spesa di 23 milioni, la Lombardia, con 3324 ricoveri e una spesa di 16 milioni di euro. E in cima alla lista delle strutture sanitarie scelte dai pazienti, c’è appunto la casa di cura “Villa Anna” nella Marche, altri 2170 pazienti hanno scelto l’ospedale Unico di Ascoli Piceno, 2167 il Policlinico Gemelli di Roma, 2150 l’ospedale pediatrico Bambin Gesù. Ci sono poi la Casa sollievo della sofferenza (l’ospedale voluto da Padre Pio), in Puglia, dove si sono recati 380 abruzzesi e infine l’istituto Humanitas di Rozzano, in Lombardia, al quale si sono rivolti 311 pazienti.
ps1: in alcuni casi i pazienti scappano per necessità, in altri proprio no. Il caso delle Marche e di Villa Anna lo dimostrano.
ps2: della serie: le coccole in materia sanitaria la Regione le fa solo e soltanto alle cliniche private. Andata e ritorno.