Se in molti hanno tirato un sospiro di sollievo leggendo il proprio nome nelle liste dei candidati ufficiali alle prossime elezioni politiche, convinti di essersi guadagnati altri cinque anni di mandato, tanti altri si sono ritrovati con il cerino in mano e un boccone amaro da digerire.
È ormai noto che il puzzle delle candidature è stato un vero psico-dramma, con l’assedio delle sedi dei partiti da parte dei politici alla ricerca esasperata della poltrona.
"Ci saranno morti e feriti", aveva anticipato con ironia un dirigente Dem, riferendosi ai parlamentari uscenti che non avrebbero trovato posto alla Camera e al Senato nella prossima legislatura.
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E infatti è stata una mattanza. Hanno tolto nomi dalla Campania e li hanno spostati in Abruzzo, cancellati dal Piemonte per rientrare nel Lazio. Addirittura c’è chi - come la Boschi - è pronto a imparare il tedesco perché candidato a Bolzano.
Forse non ha tutti torti quel senatore leghista che, con un commento off record sulla delirante legge elettorale, ha ammesso: "Non si capisce una minchia, che disastro".
Dal Partito Democratico a Forza Italia, passando per i partiti ‘minori’, la scelta delle candidature ha creato scompiglio, panico, ma anche rabbia e delusione. In poche ore, forse anche nel giro di pochi minuti, il candidato rassicurato da qualche promessa di un collegio sicuro ha invece scoperto di essere stato escluso.
GLI ESCLUSI IN ABRUZZO
Fabrizio Di Stefano
È quello che è successo ad esempio al deputato uscente Fabrizio Di Stefano . Ha fatto molto discutere l’esclusione del parlamentare in carica di Forza Italia . Pare che il suo nome fosse rimasto nella lista fino al giorno prima della chiusura delle liste, ma poi per motivi personali o ancora per scelte politiche provenienti dall’alto, all’ultimo minuto è cancellato. “Visto questo sistema elettorale, in cui sui collegi uninominali la forza del candidato diventa importante, avevo valutato la mia candidatura su un collegio maggioritario, mai ho chiesto il proporzionale perché volevo conquistare il consenso tra la gente - ha dichiarato Di Stefano subito dopo aver ricevuto la brutta notizia -. Ci poteva stare che, dopo diversi anni, si arrivasse a un ricambio o perlomeno un pit-stop, soprattutto per chi, come me, non vive di politica, ma ha anche altre attività. Certo – lancia una frecciatina il parlamentare- il modo poteva essere più corretto, ma dopo questo pit-stop sarò più pronto di prima a ripartire”.
Si è già autocandidato alla presidenza della Regione Abruzzo, facendo sapere di “essere pronto a farlo, questo passo, se mi si chiede e a questo punto ci sono tanti che me lo stanno chiedendo”. Ma la partita per le regionali è più aperta che mai.
Gianni Melilla
Pochi giorni fa, in occasione di una conferenza stampa indetta per tracciare il bilancio dei suoi cinque anni di attività, il deputato MdP-Art.1 Gianni Melilla, ha colto l’occasione per fare una rivelazione. E’ stato lui ad aver rifiutato la candidatura offertagli per il Senato. La sua scelta è stata determinata da quelle altrui – ha detto Melilla- ovvero dalle candidature esterne imposte da LeU. La neoformazione politica di Pietro Grasso ha “paracadutato” in Abruzzo due nomi “blindati” nei collegi plurinominali della Camera, Chieti-Pescara e L'Aquila-Teramo, assegnati rispettivamente alla calabrese Celeste Costantino e all'avvocato molisano Danilo Leva, ambedue residenti nella Capitale.
“Non ho alcun sassolino nella scarpa da togliermi – ha detto Melilla- Continuerò a fare politica in modo onesto, come ho sempre fatto. Ma ora posso rivelarlo. Leu mi ha offerto la candidatura al Senato, ma ho rifiutato, non per ragioni personali, bensì perché ritengo che sia sbagliato aver scelto come capolista alla Camera due deputati esterni all’Abruzzo”.
Forse non avrà sassolini nelle scarpe, ma resta la delusione di chi non si recherà più a Montecitorio dopo averci trascorso gli ultimi cinque anni. Lo scranno di Gianni Melilla, alla Camera dei deputati, d'altronde non è stato mai vuoto: 908 presenze su 908. Forse anche per questo l’imposizione delle candidature esterne non è proprio andata giù ai candidati locali.
Lorenzo Sospiri
Si dice che ci sia stata una contesa tra Lorenzo Sospiri e Carlo Masci per il seggio di Pescara, che tra i due litiganti è finito all’esponente di Fratelli d’Italia Guerino Testa: Sospiri in lungo e pungente comunicato ha espresso il suo punto di vista: ora la responsabilità delle scelte spettano a Berlusconi prima e Pagano poi. E anche lui ha riferito di essere stato sorpreso – di certo non positivamente- dall’esclusione di Di Stefano. “Non appare comprensibile, ma ne prendiamo atto e siamo certi che il Coordinatore regionale Pagano – scrive Sospiri nella nota- avrà avuto delle ottime ragioni se ha deciso di barrare con un tratto di penna un nome che comunque ha il suo peso nel panorama politico regionale e non solo, per sostituirlo con qualcuno che, a suo giudizio, può dare un contributo maggiore alla vittoria elettorale”.
Tommaso Ginoble
Fa rumore anche l’esclusione del rosetano Tommaso Ginoble. A lui il Pd ha preferito il suo capogruppo alla Regione, Sandro Mariani. Che in chiave politica equivale alla vittoria dell’asse di Luciano D’Alfonso. A confermarlo l’assegnazione a Stefania Pezzopane e Camillo D’Alessandro dei seggi sicuri.
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