Candidature e collegi, ecco quali sono le ultime risse abruzzesi


La vendetta è un piatto che va servito freddo, e Luciano D'Alfonso ha pensato che adesso, con le elezioni, è arrivato il momento giusto


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
24/01/2018 alle ore 08:35

Tag correlati: #abruzzo#dalfonso#elezioni2018#ginoble#mariani#pd

La vendetta è un piatto che va servito freddo, e Luciano D’Alfonso ha pensato che adesso, con le elezioni, è arrivato il momento giusto. Lui la cova dai tempi in cui Tommaso Ginoble nel 2007 osò sfidarlo alle primarie per l’elezione del nuovo segretario del partito, il primo della nuova era Pd.

Un oltraggio che lui, il presidentissimo della Regione Abruzzo allora sindaco di Pescara, non ha mai digerito, nonostante la partita accesissima con Franco Marini ago della bilancia, fosse finita con Dalfy al 65 e Ginoble al 35, neppure tanto male visto che dalla sua parte c’erano solo Del Turco e Bernardo Mazzocca.

Lo sgambetto di Teramo

Insomma da quel giorno tra i due, Luciano e Tommaso, è stata guerra ventre a terra. E per questo Dalfy in queste ore di confronto serrato per le candidature, ha tentato di sfilargli il posto alla Camera dei deputati, cercando di lanciare nella corsa il capogruppo Pd al Consiglio regionale Sandro Mariani e come numero due l’assessore all’agricoltura Dino Pepe.

Certo, gli sarebbe pure riuscito il colpaccio a Dalfy se non fosse che Ginoble il suo territorio lo marca e lo marca molto bene. Così lunedì sera la segreteria del partito ha votato all’unanimità un documento, sottoscritto guarda un po’ alla fine anche dalgi stessi Mariani e Pepe, in cui viene indicato con nettezza il nome di Ginoble, parlamentare uscente, come candidato del territorio. Il pd teramano quindi rivendica, ha usato proprio questo termine, rivendica, “il capolista della lista collegio proporzionale Teramo-L’Aquila, per salvaguardare la rappresentanza e il peso politico”. Tra le righe, la minaccia velatissima di disimpegno rispetto alle prossime scadenze elettorali.

La rissa Castricone-Fusilli

Ma è certo che il fuoco che si è acceso dentro il Pd per le candidature, rischia di lasciare sul campo morti e feriti. La stessa offerta fatta da Dalfy a Toni Castricone, di correre nel collegio uninominale di Pescara, a lui che è di Popoli, collegio che era stato opzionato dal parlamentare uscente Gianluca Fusilli, ha scatenato una rissa violentissima. Ieri Castricone, dopo una riunione animatissima a Popoli, la sua città, ha deciso di accettare la candidatura a Pescara. 

Fusilli ha il dente avvelenato e nella mattinata di ieri i due si sono parlati a telefono: ma pare che il colpevole sia stato perfettamente individuato, è sempre lui, Dalfy.
Certo, alla fine si troverà la quadra perché le candidature caleranno da Roma. E la resa dei conti, a quel punto, sarà soltanto rinviata. Al giorno dopo le elezioni.

E tira bruttissima aria anche per Liberi e uguali che ieri ha riunito tutti i militanti a Pescara e ha deciso di rispedire al mittente la proposta romana: no ai paracadutati Celeste Costantino e Danilo Leva, e no soprattutto al divieto di deroghe. Insomma Leu spinge ancora per Marinella Sclocco, consigliere regionale e l’unica candidata spendibile sul territorio. Una delegazione (composta dai coordinatori regionali Fabio Ranieri e Tommaso Febo, Mario Mazzocca e Marco Verticelli) andrà oggi a Roma a incontrare gli esponenti della direzione nazionale di Articolo uno per consegnare il documento col secco no alle candidature dei paracadutati romani.

Un’assemblea drammatica, quella di ieri sera, con molti esponenti che hanno proposto di abbandonare la barca: tanta la mortificazione, la rabbia, l’umiliazione subita dai vertici romani che è circolata la tentazione di lasciare il movimento. Un’idea respinta seccamente dalla Sclocco e dallo stesso Melilla: “Io non me ne vado”, hanno detto chiaro tutti e due.

ps: e sia per il Pd che per Leu, finale da brivido.

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