Ci mancava solo questa. Si complica, eccome se si complica per il Pd la partita per le candidature alle prossime Politiche del 4 marzo. Gli auto-candidati (D’Alfonso, D’Alessandro e Pezzopane) hanno il terreno cosparso di micce, di ostacoli, di oppositori col coltello tra i denti. E dopo il no della segreteria provinciale di Pescara alla candidatura di Camillo D’Alessandro, adesso dall’Aquila un’altra grana, ma di quelle fatte bene. Ieri hanno presentato la propria candidatura alla Camera dei deputati l’ex candidato sindaco Americo Di Benedetto e Michele Fina, collaboratore del ministro Orlando e capo degli Orlandiani abruzzesi.
Una mossa che spariglia l’accordo Pezzopane-Lolli-D’Alfonso e che rischia di far rompere il meccanismo che ha mandato avanti la Regione fino a oggi.
“Due candidature complementari e fungibili – hanno spiegato – che possono raccogliere le diverse sensibilità del Pd e l’intero territorio ma che possono anche rappresentare un messaggio coerente di rinnovamento e di slancio”.
Inoltre, aggiungono,
“bisogna rivendicare una continuità con le candidature al Senato della Repubblica, per il lavoro svolto, i risultati raggiunti e l’esperienza maturata”.
Un messaggio chiaro per la Pezzopane, che ha rinunciato di fatto a rivendicare il ruolo di capolista al Senato solo per non mettersi di traverso a D’Alfonso che terrebbe per sé il collegio blindato a Palazzo Madama col proporzionale, e candidandosi alla Camera fa da tappo al rinnovamento nel suo territorio. Che però comincia a manifestare il proprio malumore: perché mai un D’Alessandro classe 1976 candidato a Chieti/Pescara mentre sull’Aquila/Teramo resta lei, classe 1960? Non esiste una nuova classe dirigente? chiedono i malpancisti.
E adesso lo spariglio Fina-Di Benedetto potrebbe mettere in discussione anche l’accordo che vede Lolli proiettato verso la guida della Regione: il patto prevede infatti che la Pezzopane vada a Roma e lui resti in Abruzzo come presidente.
“Se le elezioni amministrative degli ultimi anni, e ancor prima il referendum costituzionale, ci hanno visto soccombenti – scrivono nel loro documento Fina e Di Benedetto – dobbiamo rispondere con una sufficiente dose di cambiamento e di novità, capace di ribaltare i pronostici. Dobbiamo ripartire dalla base degli iscritti, dai volontari e dagli amministratori del Pd che, con le loro sensibilità politiche e appartenenze territoriali, hanno dato vita ad un congresso provinciale capace finalmente di riaffermare i principi di autonomia e rinnovamento”.
ps: rinnovamento, D’Alfonso è avvertito. Anche perché girano voci che da Roma non sia arrivata nessuna investitura ufficiale ma che tutto è partito da qui.