Musei, Abruzzo pecora nerissima



di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
10/01/2018 alle ore 09:50

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Fantastico. Un record per i musei italiani che nel 2017 superano la sogna dei 50 mila visitatori e gli incassi addirittura sfiorano i 200 milioni di euro, con un incremento rispetto all’anno precedente di circa 5 milioni di visitatori e di 20 milioni di euro. Dati ufficiali, annunciati dal ministro Franceschini che non si teneva più per la soddisfazione.

Ma qui casca l’asino. Che come al solito casca in Abruzzo, che si distingue, anche questa volta, per la peggiore performance italiana. Sì, le regioni sono quasi tutte col segno più: dalla vicina Puglia che cresce del 19,48 per cento, dalla Liguria che addirittura segna un più 25,93 per cento, al Lazio al Friuli alla Campania che crescono di percentuali che variano dal 13 al 15 al 10 per cento, fino ad arrivare alla pecora nera, anzi nerissima che è l’Abruzzo che segna un meno 11,96 per cento. Non è l’unica che perde, in compagnia dell’Abruzzo ci sono col segno meno anche la Calabria e le Marche, ma le cifre rispetto all’Abruzzo sono ridicole: -0,83 la prima e -4,29 la seconda.

Il record è stato così commentato da Franceschini:

“Risorse preziose che contribuiscono alla tutela del nostro patrimonio e che tornano regolarmente nelle casse dei musei attraverso un sistema che premia le migliori gestioni e garantisce le piccole realtà con un fondo di perequazione nazionale. I musei e i siti archeologici italiani stanno vivendo un momento di rinnovata vitalità per il quarto anno consecutivo – sottolinea Franceschini– l’Italia viaggia in controtendenza rispetto al resto d’Europa con tassi di crescita a due cifre, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno che, anche nel 2017, hanno avuto un ruolo fondamentale nella formazione del trend nazionale”.

Il Mezzogiorno tira, ad eccezione dell’Abruzzo. E meno male che tutto andava a gonfie vele, e meno male che c’era il Masterplan, e meno male che si distribuiscono soldi a piene mani per la cultura e il turismo.
ps: e meno male, sennò chissà dove saremmo arrivati col segno meno.