#LaRuotaDelleMeraviglie (Regia: Woody Allen. Con: Kate Winslet, Justin Timberlake, Juno Temple, James Belushi, Max Casella, Tony Sirico, Steve Schirripa, Jack Gore, David Krumholtz, Robert C. Kirk, Tommy Nohilly, Tom Guiry, Bobby Slayton. Genere: Drammatico)
Non è per me nemmeno pensabile “saltare” un film di Woody. Anche questo, che da molta critica è già stato stroncato come la negazione stessa di Allen e del suo spirito, della sua ironia, del suo gusto per la vita, nonostante tutto. Già, così si è detto.
Che il regista si sia ispirato ad altri modelli, che ogni volta che devia dal suo, di modello, “sbaglia” perché i suoi adoratori non lo riconoscono. Ho letto alcuni commenti davvero negativi, su blasonati quotidiani, e la cosa che più mi ha stupito è stata che nessuno degli autori delle stroncature medesime entrava “nel merito” del film, raccontava ai lettori (già evidentemente dissuasi dall’andare a vedere il film) di che cosa, molto semplicemente, si raccontava. Tipico esempio di stroncatura fine a se stessa. Quella che a me fa l’effetto opposto, incitandomi alla curiosità di entrare al cinema a giudicare coi miei occhi.
Insomma, una cosa è vera: pochi sorrisi riserva questa pellicola, molta amarezza invece, molto squallore, finta allegria, quella peggiore perché nasconde (sotto la patina) una tristezza vera e senza speranza. Chissà cosa ha spinto Allen a focalizzare la sua attenzione sulle vite marginali di una coppia improbabile e male assortita come John Beluschi e Kate Winslet, anni 50, a Coney Island.
Lui fa il giostraio senza ricavarne molto, ma quanto basta per condurre con la moglie ed il figlio di lei (avuto da un precedente quanto infelice matrimonio) una esistenza dignitosa, in un appartamento con vista sulla ruota panoramica. Poche però le “meraviglie” della loro quotidianità: tra l’alcol e la penuria di soldi, la piromania inspiegabile del ragazzino, l’arrivo indesiderato ed inaspettato della giovane figlia di lui, “ripudiata” da anni dal padre perché aveva deciso di sposare un gangster italiano.
Succede però che quest’ultimo la insegua per ucciderla, perché, messa alle strette dalla polizia, ha deciso di “cantare” e raccontare tutte le nefandezze che ha visto negli anni di matrimonio. La famiglia, dunque, si allarga e certo non a vantaggio dell’armonia tra i suoi componenti.
L’elemento imprevedibile però, in questo rettilineo di piatta e sicura infelicita, è (come sempre) l’amore: del tutto sbagliato (per ragioni anagrafiche e di situazioni) ed anche frainteso, dunque capace di ingenerare vera disperazione, rabbia, desiderio di vendetta. Trovo che il racconto renda benissimo questi sentimenti, si percepiscono e diventano quasi tattili, anche grazie alla magistrale fotografia di Vittorio Storaro ed alla drammatica interpretazione della protagonista femminile (una Winslet matura e priva di difetti nella recitazione drammatica).
Il clou del film l’ho trovato nella negazione del senso materno, in una condizione di infelicità amorosa. Molte forse non saranno d’accordo con me, ma è una cosa che ho sempre pensato: per essere una buona madre occorre essere innanzitutto una donna realizzata anche sentimentalmente. Amata e ricambiata dello stesso appassionato amore.
Fingere di essere una buona moglie e desiderare altro (senza poterlo avere) è quanto di peggio possa accadere, soprattutto ad una madre. La storia è senza speranza, senza luci, senza note positive. Forse è per questo che non è piaciuta. Ma è anche molto reale e merita, secondo me, di essere vista e riflettuta. Senza sempre ad ogni costo pretendere di essere divertiti da Woody.
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