Cosicché, adesso, Paolo Gentiloni spera. Spera, in silenzio e riservatamente, di durare ancora a lungo, tanto a lungo o di succedere a se stesso. Proprio lui che avrebbe dovuto solo tamponare, essere lo scalda sedia di Matteo Renzi.
Forte del sostegno di Mattarella, che lo consiglia e lo guida, ha già dato i primi chiari segni di autonomia dal suo sulfureo segretario. E ha cercato e trovato pure la sponda estera più vicina e possibile in Emmanuel Macron. Col quale si è accordato per l'invio di un contingente militare italiano nel Niger francofono. Fatto di enorme rilevanza che lui è riuscito a far passare sottotraccia: un capolavoro di andreottiana memoria.
E che ci sia un po' di Andreotti in Gentiloni lo stanno notando in tanti. Del resto, se spiega che non tirerà a campare e che non tirerà i remi in barca sottintendendo che non tirerà le cuoia, a chi potrebbe mai far pensare?
Ecco, Gentiloni mostra di aver individuato e recepito un modello politico preciso: il flemmatico intercalare e il fare sornione che fu il cuore di una filosofia ed elisir di lunga vita politica del divo Giulio.
Lui intanto sa bene che più di qualche speranza l'ha già suscitata. Anche in ambienti apparentemente ostili o lontani. Perché, anche se sembra difficile crederlo, in parecchi tifano per un nulla di fatto. Un risultato con molti astenuti e senza vincitori certi che possa quindi consentire a Paolo "er moviola" di mantenersi saldo a Palazzo Chigi anche dopo il 4 marzo.
Mattarella probabilmente è quello che lo spera più di tutti: un successo grillino lo costringerebbe ad un attivismo che non è nelle sue corde. Ma andrebbe bene pure a Berlusconi il quale, comunque, si sarebbe già cautelato sul versante Pd lanciando segnali inequivocabili a Franceschini e persino a Minniti.
Andrebbe persino bene anche a Grillo che ha un problema di classe dirigente evidente e che mostra coi suoi silenzi e le sue distanze di non credere che Luigino Di Maio sia l'uomo adatto a sbancare.
Restano fuori schema i due Matteo. Renzi e Salvini sarebbero, nel caso, quelli costretti a pagare il conto. Ma non è detto. Perché entrambi potrebbero pure far buon viso ed aspettare. Uno, due anni. Il tempo necessario a far dimenticare la storiaccia delle truffe bancarie. E a mandare (forse) in pensione il Cavaliere. Anche per questo -zitto zitto- Gentiloni spera.
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