Al via a Teramo il processo contro il capo che abusava della sua collaboratrice. Dopo lo scandalo Weinstein, ecco la “puntata abruzzese”: il 44 enne di Roseto è finito in carcere dopo aver violato i domiciliari. Nel processo davanti al collegio presieduto da Flavio Conciatori (a latere Lorenzo Prudenzano e Enrico Pompei) l’uomo dovrà difendersi dalle accuse di violenza sessuale con abuso d’autorità, stalking e danneggiamento.
La vittima si è costituita parte civile ed è rappresentata dall’avvocato Mario Del Principe. Dopo l’ammissione dei mezzi di prova e le eccezioni sollevate dal legale dell’uomo, che sono state rigettate, il processo è stato aggiornato al prossimo 15 febbraio per l’audizione dei primi testi.
I FATTI
Si conoscono a lavoro. Lui un dirigente di 44 anni della provincia di Teramo, lei una collaboratrice. Inizia così la relazione che di lì a poco si sarebbe trasformata in un incubo. Secondo quanto contestato dagli inquirenti, dopo la decisione della donna di troncare il rapporto, l’uomo, non accettando il suo rifiuto a tornare insieme, avrebbe minacciato di farla licenziare e di diffondere alcune foto intime se lei non avesse continuato ad avere rapporti sessuali con lui. Da qui l’accusa di violenza sessuale.
Non solo. L’uomo avrebbe iniziato anche a perseguitarla con continue telefonate, appostamenti, pedinamenti, fino ad arrivare, in un’occasione, a seguire anche i figli maggiorenni della donna e a danneggiare le due auto di famiglia della vittima tagliandogli le gomme.
CASO WEINSTEIN
Il tema della violenza sul lavoro nei confronti delle donne esiste da sempre, ma non è mai stato così di attualità come negli ultimi tempi. Specialmente da quando l’attrice italiana Asia Argento ha rivelato di aver subito, all’età di 21 anni, delle molestie sessuali da parte da Harwey Weinsitein.
Uno dei più ricchi e potenti produttore cinematografici di Holliwood finisce sotto inchiesta per accuse di stupri e violenze sessuali. Vanno in fumo 30 anni di carriera in un crescendo dichiarazioni e testimonianze contro di lui. Il co-fondatore della Miramax e poi della The Weinstein Company, viene espulso dalla Academy of motion, pictures, arts and sciences, l’organizzazione che assegna gli Oscar a Hollywood, viene lasciato dalla moglie (la stilista Georgina Chapman) e dai suoi due figli. Tutti sanno ormai quello che ha fatto.
Salma Hayek è l'ultima dell’interminabile lista di nomi delle star che hanno rivelato di aver subito molestie sessuali dal produttore di Hollywood. "Era un appassionato di cinema, un padre amorevole e un mostro", ha raccontato in un articolo l’attrice messicana.
Le prime a parlare di Weinstein sono state Rose McGowan e Ashley Judd. Quest’ultima rivela di una colazione di lavoro in hotel di Beverly Hills, trasformatasi in incubo. Passano pochi giorni, fioccano nuovi nomi, tra questi l’italiana Asia Argento, Mira Sorvino, Rossana Arquette. Si aggiunge l’accusa di stupro.
Parlano in tantissime le donne di Hollywood: Angelina Jolie, Gwyneth Paltrow , Léa Seydoux , Cara Delevingne Kate Beckinsale, Sophie Dix , Lena Headey , Juliette Binoche e tante altre ancora.
Il produttore risponde con una lettera di scuse e poi cerca di impietosire il grande pubblico: “Sono devastato, ho perso mia moglie e i miei figli”. Con una mail rivolta alla sua azienda, invece, chiede una pausa per fare una dura terapia e un trattamento psicologico" in Arizona per guarire dalla dipendenza dal sesso.
Da quel momento si rompe il silenzio e molte donne del mondo dello spettacolo, ma anche ragazze comuni, raccontano di quando sono state anche loro vittime di abusi e, con l’hashtag #MeToo, la campagna contro le molestie sessuali diventa virale.
MARINELLA SCLOCCO
“Sono stati compiuti tantissimi passi in avanti in termini di conoscenza, informazione, prevenzione e di come agire– sostiene l’assessore regionale alle Pari Opportunità Marinella Sclocco-. Sono aumentati i luoghi deputati all'accoglimento delle vittime e al sostegno, sicuramente anche in relazione all’aumentato del numero di denunce, risultato ottenuto proprio grazie a questo lavoro sul territorio”.
L’assessore guarda con ottimismo alla rete che si è creata e della quale fanno parte le istituzioni, i centri antiviolenza, gli sportelli, le scuole, le forze dell’ordine e non ritiene che l’aumento delle denunce sia collegato all’incremento della violenza: “C’è un sistema che fa sì che le donne si sentano più tutelate e garantite dopo aver denunciato, anche attraverso un percorso di vita – rimarca Sclocco-. Tutto questo lavoro deve continuare rafforzando la rete degli operatori e con una la formazione continua”.
Secondo la psicologa democrat è utile che sia instaurato uno stesso codice e un medesimo linguaggio per tutti i lavoratori: “Una visita medica a una vittima di violenza sessuale dovrà avvenire con le dovute cautele, così come un interrogatorio in questura dovrà essere condotto con estrema delicatezza”.
Sull’ultimo episodio che coinvolge il 44enne di Teramo finito in carcere Sclocco ammette che vi sia ancora molta strada da percorrere: “E’ un problema culturale da superare, le storie, come quello che leggo sui giornali in questi giorni, indicano che purtroppo il contesto culturale in cui viviamo è ancora fortemente maschilista, e le donne sono percepite come persone che valgono meno degli uomini, che devono sottostare a quella che ritengono ‘supremazia maschile’. Mi sembra che il cammino sia ancora molto lungo – conclude l’assessore- non solo in Abruzzo o in Italia, ma in tutto il mondo”.
MONICA DI PILLO
La responsabile della Comunicazione della Commissione per le Pari Opportunità e giornalista de Il Messaggero Monica Di Pillo spiega a Impaginato.Quotidiano i punti nodali sui quali da anni si batte la Commissione: “Noi sosteniamo l'abolizione del rito abbreviato per il femminicidio e per l'omicidio in generale, di certo non si può fare una distinzione di genere – sottolinea Di Pillo-. Riteniamo inoltre che si debba puntare sulla formazione: occorre educare, formare al rispetto della donna fin dai banchi di scuola e quindi prevenire. Allo stesso tempo – aggiunge la giornalista- occorre anche rieducare i maltrattanti, perché scontare una pena detentiva, nei casi più gravi, non è sufficiente, occorre individuare dei percorsi di recupero, partendo soprattutto dalla gestione dell’aggressività e della rabbia”.
Di Pillo solleva una riflessione anche su ulteriore questione che riguarda la difficoltà delle donne a denunciare: “Molte di loro hanno paura anche perché non sono economicamente libere e indipendenti. Tante donne che subiscono violenze domestiche, ad esempio, hanno un livello molto basso di scolarizzazione e non hanno un lavoro. Ecco – conclude la rappresentante della Commissione- sarebbe il caso di aiutarle anche con misure che le agevolino nella ricerca del lavoro”.
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