Gran Sasso, cosa c'è dietro lo slittamento dell'esperimento Sox?


Rimane al centro di polemiche e rimangono dubbi sul grande progetto di fisica che tanti rumoreggiamenti ha provocato



Slitta per un ritardo nella consegna del rivelatore l'avvio del discusso esperimento Sox, il cui avvio nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso è previsto nel 2018.

Ad annunciarlo l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), in seguito alla riunione avvenuta a Mosca con i rappresentanti della collaborazione Sox, di Cea, dell’Infn e di Pa Mayak per verifiche tecniche relative all'avanzamento del progetto. Nel corso dell’incontro – fa sapere l'Infn in una nota di aggiornamento- è emerso che “i produttori della sorgente stanno incontrando difficoltà tecniche a garantire gli standard scientifici richiesti”.

In particolare – spiegano i Laboratori- " la sorgente non è in grado di produrre il numero di antineutrini necessario per il progetto Sox e dunque non è idonea per i fini scientifici dell'esperimento". L’Istituto rileva che “al momento si sta lavorando per valutare una soluzione a queste difficoltà tecniche. Ciò comporterà inevitabilmente un ritardo rispetto alla programmazione dell’esperimento”.

 

L'ESPERIMENTO

Il progetto nasce da una collaborazione internazionale, della quale l'Italia è capofila con l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), e dall'ottobre scorso sta sollevando paure, soprattutto nella popolazione abruzzese, per la sostanza radioattiva Cerio 144.
Quest'ultima è racchiusa nel rivelatore che è il cuore dell'esperimento e il suo decadimento produce particelle chiamate antineutrini, da utilizzare come esca per dare la caccia ai cosiddetti neutrini sterili. Questi ultimi non sono previsti dalla teoria di riferimento della fisica contemporanea, il Modello Standard, e la loro esistenza potrebbe aprire una nuova era nella fisica. L'esperimento prevede che il Cerio 144 sia sigillato in una doppia capsula di acciaio, a sua volta schermata da uno scudo di tungsteno di oltre 2,4 tonnellate e dello spessore di 19 centimetri per impedire ai raggi gamma, prodotti con i neutrini, di disperdersi all'esterno.

I comitati che fanno parte della tutela e della mobilitazione per l’acqua del Gran Sasso sin dall’inizio si sono espressi contro gli esperimenti radiottavi, poiché gli effetti di un eventuale incidente nucleare nei Laboratori del Gran Sasso "rischiano di avere conseguenze catastrofiche su quasi tutto l’Abruzzo, parte delle Marche e sull’Adriatico".

Pericoli messi in luce ed esaltati soprattutto dopo che Il 21 novembre è andato in onda un servizio su Le Iene a cura di Nadia Toffa. La giornalista descrive l’esperimento Sox nel Laboratori nazionali del Gran Sasso come “una minaccia nucleare” ed infatti il titolo del servizio è: “Un pericoloso esperimento nucleare tenuto nascosto”.

(LEGGI ANCHE: LE IENE CACCIATE IN MALO MODO DA D'ALFONSO)

La giornalista in quell’occasione ha posto domande sull’esperimento con il Cerio radioattivo dell’Infn anche al presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, ma è stata spintonata dallo stesso e cacciata in malo modo, senza ricevere risposta.

Nel servizio vengono illustrate le motivazioni per le quali l’impianto sarebbe a “rischio di incidente rilevante”. La collocazione nella sorgente acquifera che rifornisce gran parte dell’Abruzzo di acqua potabile non è posto a una distanza di sicurezza, secondo quanto previsto nel D.Lgs 152/2006; inoltre opera in una zona altamente sismica con materiali radiattivi; infine utilizza questi materiali in una “generale non conformità della localizzazione dei locali ed installazioni dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso e delle attività ivi condotte” secondo l’Istituto Superiore della Sanità.

Nel Il servizio de Le Iene inoltre è specificato che, secondo l’Istituto, “i lavori di pavimentazione relativi alla protezione dell’acquifero non sono di fatto mai stati realizzati”.

I dubbi e i timori sono legittimati anche da due incidenti già avvenuti in passato, il primo nell’agosto 2002 quando le acque di lavaggio della cisterna utilizzata per l’esperimento furono scaricate nella rete delle acque bianche e venne rilevata la presenza di trimetilbenzene in un pozzo e un fontanile pubblico a Scerne di Pineto (Teramo), nei pressi della foce del fiume Vomano. Il secondo, nel 2016, quando si verificò uno sversamento di diclorometano nelle acque provenienti dalla rete idrica sotterranea del Gran Sasso.

 

FORUM H20

Tra i comitati che fanno parte della tutela e della mobilitazione per l’acqua del Gran Sasso, da tempo vi è Il Movimento dell’Acqua, che dopo l’annuncio dello slittamento del progetto Sox da parte dell’Istituto competente, è tornato a ribadire il rischio connesso alla presenza di sostanze pericolose nei laboratori del Gran Sasso: "Abbiamo’ appreso che ci sono problemi di produzione della sorgente in Russia per cui l'Infn ha sospeso l'esperimento. Ma i problemi veri per noi restano qui in Abruzzo" – dice Augusto De Sanctis, portavoce del Forum H2o-. "C'è una legge chiarissima, il Testo unico dell'ambiente, che vieta lo stoccaggio di sostanze pericolose e a maggiore ragione radioattive, vicino le captazioni d'acqua. È stato dunque un errore pianificare un esperimento che violi questa legge non derogabile. Se gli scienziati la pensano diversamente, si facciano eleggere in Parlamento e cambino la norma – incalza De Sanctis - il problema del Gran Sasso si risolve in due modi: realizzare nuove infrastrutture e modernizzare quelle che ci sono. Ma non basta: dall'altro lato bisogna allontanare le sostanze chimiche pericolose presenti all'interno dei laboratori di fisica nucleare, perché la loro presenza non rispetta le norme di legge e rappresenta un forte rischio di incidenti, che potrebbero compromettere l'acquifero più importante del centro Italia".

GLI SCIENZIATI

Alte sono quindi le aspettative della comunità scientifica, mentre da settimane dilaga la paura tra i cittadini. Gli scienziato continuano a perorare la loro causa e assicurano che non ci sono rischi.

In un’intervista, Marco Pallavicini, responsabile del progetto Sox e professore ordinario di fisica dell’Università di Genova, spiega le ragioni a sostegno del progetto e le inesattezze generate dai media.

“L’esperimento per funzionare ha bisogno di una sorgente di neutrini, in questo caso il Cerio 144, e di un rivelatore di neutrini, cioè Borexino, che è il più importante rivelatore a basse energie al mondo. Borexino è in funzione da 10 anni e ha già fornito molte soddisfazioni agli scienziati, inoltre ha tutte le caratteristiche per consentire un esperimento di grande qualità se messo in cooperazione con una sorgente di neutrini opportuna –riferisce Pallavicini-.Le misure di sicurezza prese sono una enormità e la documentazione relativa a tutte le fasi dell’esperimento è rappresentata di centinaia di pagine che sono il frutto di oltre due anni di lavoro da parte dei nostri ingegneri, tutti con differenti qualifiche. Tutti i rischi possibili e immaginabili sono stati previsti –ribadisceil professore- non solo quelli indicati dalle norme di legge, ma anche quelli più improbabili, proprio per garantire la sicurezza non solo dei cittadini, ma anche di tutti gli scienziati, me incluso, che dovranno lavorare a stretto contatto con la sorgente radioattiva”.

 

FUKUSHIMA

L’esperimento Sox, durante il servizio de Le Iene, è stato paragonato in termini di pericolosità al disastro nucleare di Fukushima.

Gli scienziati hanno invece ritenuto del tutto insensato il paragone poiché – a detta degli esperti- è irrealistica l’’ipotesi di dispersione di materiale radioattivo. “Il paragone tra Sox e Fukushima è una sciocchezza totale – afferma Pallavicini-. Nel caso di Sox parliamo di un decadimento radioattivo, cioè un processo naturale che non può essere accelerato, né rallentato da chiunque e per nessun motivo. Non c’è fisica che lo possa fare. Nel caso di Fukushima invece si parla di fissione nucleare indotta da un neutrone, dunque una reazione a catena indotta dall’uomo, cosa che non avviene invece nel nostro esperimento”.

Inoltre, il responsabile dell’esperimento, afferma che in Sox “la potenza è inferiore a quella della centrale Fukushima di un milione di volte. Inoltre a garantire che tutto si svolga nel modo più sicuro possibile, c’è lo speciale contenitore in sinterizzazione di polvere di tungsteno con una lega di ferro e nichel, oltre a una coppia di capsule di acciaio spesse ciascuna 3 millimetri. Una capsula interna è costituita da 3 millimetri di acciaio saldata doppia, cioè due capsule in acciaio di 3 millimetri. Inoltre – conclude Pallavicini- la capsula doppia è protetta da un oggetto indistruttibile e che non può essere aperto in nessun modo, il contenitore in tungsteno, dunque i 40 grammi di Cerio 144 sono assolutamente irraggiungibili e isolati”.

 

LA REGIONE

L'annuncio dell’Inazionale di fisica nucleare arriva nelle stesse ore in cui il consiglio regionale discute proprio sull’esperimento Sox, alla presenza anche degli attivisti dell'associazione H2o.

Il dibattito si è concuso con la conferma da parte del vice presidente Giovanni Lolli della necessità di un ulteriore verifica dei livelli di sicurezza che ha ribadito: “la priorità è la sicurezza assoluta dell'acquifero del gran sasso.Pur avendo tutte le autorizzazioni la Regione Abruzzo ha chiesto di bloccare l'esperimento per poter studiare le carte che sono arrivate pochi giorni fa. Solo successivamente a questa fase stabiliremo quali procedure aggiuntive occorrono per un esperimento così delicate".

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