Mail tenute nascoste, persino dalla procura. Mail che dimostrano che il pericolo valanghe era stato portato a conoscenza della Regione e che la Regione bloccò tutto. Ecco cosa dicono gli avvocati Cristiana Valentini, Goffredo Tatozzi e Francesco Manieri, che difendono il sindaco di Farindola.
“Possiamo ora rivelare che sin dal febbraio scorso, solo qualche giorno dopo la tragedia, abbiamo chiesto alla Regione la consegna di tutto il materiale documentale pertinente alla prevenzione da valanghe. La Regione ha ottemperato solo in parte, non consegnando il materiale digitale.
Di conseguenza una prima volta a maggio e una seconda a giugno, abbiamo chiesto alla Procura il sequestro di questo materiale probatorio.
La Procura di Pescara ha ordinato alla Regione l’esibizione delle mail, ma ci ha rifiutato di vederle. Il rifiuto ha bloccato la nostra attività d’indagine, sicche’ abbiamo fatto ricorso proprio per questo: per ottenere di poter conoscere il contenuto di queste mail custodite nel server della Regione Abruzzo”.
Mail scambiate tra Dirigenti e Politici Regionali in merito alla gestione dell’attività di prevenzione del pericolo da valanghe.
“Nei giorni scorsi – continuano gli avvocati – abbiamo finalmente ottenuto una parziale discovery del materiale investigativo della Procura e dunque il ricorso è diventato inammissibile per carenza di interesse”.
I contenuti delle mail sono di importanza nodale per l’inchiesta, sostengono gli avvocati, però vengono fuori solo a novembre, in netto ritardo. E sempre e solo a novembre la procura fa la verifica delle mail della Regione, con l’informativa del 21 e gli avvisi di garanzia per 23 persone.
Dalle mail emerge che l’ingegner Pierluigi Caputi –all’epoca Direttore dei Lavori Pubblici della Regione- già dall’anno 2012 ordinò agli Uffici competenti della protezione civile regionale di tracciare con precisione tutti i rischi del territorio abruzzese; che i rischi incombenti sui paesi e sui territori dell’Abruzzo montano furono effettivamente delineati e si decise di avviare una altrettanto precisa ricognizione dei rischi dovuti alle Valanghe e successiva pianificazione di procedure atte a fronteggiare situazioni di pericolo, mettendo poi in programma proprio la redazione della CLPV, per tutto il territorio abruzzese. Questo panorama di pericolo da neve e valanghe –descritto come un tipo di pericolo che aveva già provocato gravi perdite economiche e di vite umane- fu poi rappresentato all’organo politico. Ma poi non se ne fa nulla. E qui a partire dal 2012 si alternano due Giunte e due presidenti di Regione.
“Le mail attestano pure che il circolo virtuoso s’interruppe bruscamente nel 2014, allorquando il Dirigente dell’Ufficio competente Rischio Neve e Valanghe,Sabatino Belmaggio (attuale Dirigente di tutta la Prevenzione Rischi Regionale, promosso a tale ruolo solo qualche giorno dopo la tragedia di Rigopiano) non inserì alcun fabbisogno nel documento di programmazione economica, nonostante proprio il suo Ufficio avesse urgentissimo bisogno di risorse per realizzare la Carta di previsione delle Valanghe.
In buona sostanza risulta dalle mail che, nonostante già dal 2012 si sapesse con esattezza quanto grave fosse il pericolo che i paesi e i territori abruzzesi correvano a causa delle valanghe e si fosse dunque deciso di provvedere a fronteggiare il pericolo, per ragioni ancora ignote il Dirigente competente non chiese mai i fondi che occorrevano per procedere e la politica non stanziò mai questi fondi, sino a dopo la tragedia di Rigopiano”.
Colpa del solo dirigente o anche della classe politica? E perché quei soldi non furono stanziati? I vincoli urbanistici sono visti come il fumo negli occhi, questo è un dato di fatto.
ps: tutto il resto dovrà chiarirlo la procura. Segno che l’inchiesta su Rigopiano non si ferma qui.