Vi spiego la sottile linea rossa tra disabilità, sport e speranze: parla Grecchi


Il Direttore Regionale Special Olympics Italia Team Abruzzo racconta e si racconta


di Lucia Rossini
Categoria: Sport
04/12/2017 alle ore 08:55



Special Olympics è un movimento internazionale che opera nel campo sportivo attraverso allenamenti e competizioni per persone con disabilità e non. “Perché la miglior cosa per le persone con disabilità, è quella di fare inclusione vera, di essere accettate per quello che sono” spiega a ImpaginatoQuotidiano Guido Grecchi, Direttore Regionale Special Olympics Italia Team Abruzzo.

L'occasione è la giornata internazionale delle persone disabili alla quale hanno aderito molte associazioni del territorio.

Si tratta di un momento celebrato sempre con un flashmob, in tutta Italia contemporaneamente allo stesso orario (solitamente intorno alle 16), coinvolgendo persone con disabilità ma invitando anche gli amici, i sostenitori, coloro che condividono gli stessi obiettivi, le stesse finalità, quindi le associazioni di settore che si adoperano per i disabili.

E' una danza giocosa, spiega Grecchi, dove si vuole portare all'attenzione una "non-disabilità", perché quando un disabile balla insieme ad un normo dotato si abbattono delle barriere e dei pregiudizi che ancora ci sono nella nostra società.

La coreografia, quest'anno sulle note di "Mi fa volare", è a coppie, in modo tale da dire: "io non ho paura di te, io ti stringo la mano, io non mi giro dall'altro lato, ma ballo insieme con te", abbattendo tutte quelle che sono le remore, le diffidenze, i pregiudizi nei confronti di queste persone.

“E quindi nella sua attività vuole portare in primo piano il bello di queste persone, quello che riescono a fare se si dà loro una possibilità, un'opportunità. Ecco, quello che vogliamo – aggiuge - è che si diano a queste persone delle opportunità, affinché le persone possano credere in loro, a cominciare dalle famiglie che a volte sono le prime a non credere nelle potenzialità dei loro figli. Noi abbiamo visto che se messi in grado, se allenati, (perché noi facciamo allenamento e vogliamo da loro impegno, insegnamo loro che ci vuole il sacrificio, la dedizione, un comportamento adeguato per fare sport; e questo lo fanno sì, attraverso il tecnico che si presta, ma soprattutto attraverso i partners, i volontari), ebbene, loro acquisiscono da questi volontari la bellezza della persona”.

Osserva che la loro intenzione è che queste persone, quando stanno nella società, si relazionino e siano incluse. “Se uno non si relaziona in maniera adeguata nella società civile non viene accettato: i nostri atleti stanno facendo questo percorso di inclusione, quello che noi vogliamo è portare il messaggio soprattutto agli studenti, perché è attraverso di loro che avverrà il cambiamento, sono loro i promotori. Ovviamente non ci riduciamo soltanto a fare il flashmob (e invitiamo tutti a starci vicino, condividendo questi valori che sono di civiltà. Perché la disabilità è nel nostro mondo, non possiamo girare le spalle, non possiamo dire non mi interessa il disabile. Siamo abituati a dare alle nuove generazioni segnali di perfezione, di dover essere migliori in tutto, e questo a volte è sbagliato, questo concetto di dover essere uguali al campione...sì il campione deve essere un riferimento anche per i nostri atleti, ma non è il fine nostro essere campioni, quello che ci interessa è che tutti, disabili e normo dotati si impegnino per una società migliore”.

Non solo flashmob quindi, in questo periodo vi sono diverse azioni sul territorio regionale, addirittura 15 tappe della European Basket Ball Week, una settimana dedicata al basket unificato. Si porta il messaggio all'interno delle scuole che stanno recependo molto bene, contenti che Special Olympics dia un progetto valido, che ha un valore ed è significativo.

“Si parla tanto all'interno delle scuole di inclusione ed integrazione, poi però ci si ferma e ci si chiede: cosa si può fare? e non si fa nulla concretamente”.

Anche il corpo docenti sta comprendendo l'utilità di questa attività, “una medicina molto facile e congeniale per avvicinare il normo dotato alla disabilità e fargliela accettare e fargli scoprire un mondo”. La disabilità dà tanti doni a questi ragazzi normo dotati “che spesso sono arroganti o bulli... i ragazzi con queste iniziative si smontano, riescono ad essere pazienti, riescono ad aspettare i tempi del disabile, ad essere più gentili”.

Il flashmob si è svolto fall'Ikea di San Giovanni Teatino lo scorso 3 dicembre con un punto di ritrovo e un tutorial in rete. La coreografia si è svolta davanti alle casse dell'Ikea, che si è prestata in tutta Italia ad aprire i propri store per dare un messaggio di rendicondazione sociale.

Altri flashmob ci sono stati anche a Teramo presso il Centro Commerciale Gran Sasso, a L'Aquila al Centro Commerciale Aquilone, al Pala Maggetti di Roseto in occasione della partita del Roseto Sharks.

“Noi vogliamo che loro vengano chiamati per andare al cinema, in discoteca, in vacanza, e non lasciati da soli con i genitori davanti alla televisione o ai videogiochi: vogliamo annullare, far dimenticare loro la disabilità. Lo sport quindi come fine per essere campioni nella vita”.

Ma come ha iniziato questo percorso? “Io sono un insegnante di educazione fisica della scuola media e dopo il terremoto all'Aquila, il coordinatore di educazione fisica che stava andando in pensione mi fece l'invito di andare a Roma ad un convegno di Special Olympics. Io non sapevo cosa fosse e cosa facesse. Lì ho visto una realtà che mi ha sbalordito e mi si è aperto un mondo, perché anche io avevo difficoltà nelle mie classi ad includere nelle attività i ragazzi disabili, che venivano il più delle volte lasciati in classe con l'insegnante di sostegno”.

L'inizio è stato con l'atletica, il nuoto, la pallacanestro, fino alla danza e allo sci. Da lì il passo è stato breve per portarli anche a confrontarsi con lo sci di fondo ed ora infatti dovranno fare un progetto con la Federazione Sport Invernali d'Abruzzo. Anche le Federazioni quindi hanno visto che c'è questo mondo, non solo quello dei paralimpici, ma anche quello della disabilità intellettiva.

“Senza andare nel pietismo e nell'assistenzialismo – conclude - cerchiamo di far vedere una disabilità positiva. Sappiamo che è difficile l'approccio con la disabilità, ma non è impossibile: basta abbassare l'asticella, adeguare gli esercizi e il gioco”.

 

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