Corrono, mannaggia quanto corrono. Corrono a perdifiato quel 19 gennaio, devono recuperare il tempo perduto, le vite perdute. Ventinove persone sotto la valanga, lì a Rigopiano. Sono morte anche perché il Servizio di rischio valanghe della Regione era vuoto, sguarnito: un dipendente a casa, bloccato dalla neve, il responsabile trasferito, e un altro messo in pensione forzata, solo due mesi prima. Vuoto.
No, non c’erano soltanto due strati di polvere alti così sullo scatolone della Carta valanghe, abbandonato sul pavimento in un angolo dell’ufficio. C’è anche l’ufficio vuoto, nei giorni della tragedia. Non c’è nessuno al lavoro, né il 17 gennaio né il 18 gennaio 2017, al Servizio di Protezione civile della Regione Abruzzo. Il comunicato di massima allerta quindi non viene pubblicato: non c’è nessuno che lo fa.
Una condizione che avrà un peso sulla tragedia di Rigopiano. Lo scrive a chiare lettere il Corpo dei Carabinieri Forestali, incaricati di indagare sulla Regione Abruzzo.
No, non c’è nessuno al Servizio rischio valanghe della Regione, l’unico addetto è bloccato a casa per la neve, nessuno legge le mail, nessuno risponde al telefono, nessuno si informa, nessuno se ne frega niente.
E così, anche quando il bollettino Meteomont che annuncia un forte rischio valanghe con grado di pericolo 4 su 5 (quindi forte) arriverà sulla casella di posta della Regione, non lo leggerà nessuno, tanto che sul sito comparirà solo il giorno dopo la tragedia, il 19 gennaio. Quando ormai non serve più.
Cosa succede in quei giorni maledetti di gennaio negli uffici della Regione Abruzzo lo rivela l’informativa della Guardia Forestale: il responsabile del Servizio rischio incendi boschivi e valanghe, Sabatino Belmaggio, viene trasferito dalla giunta D’Alfonso il 7 aprile 2016 al Servizio politica energetica.
“Di fatto, a gestire il rischio valanghe – scrive la Forestale – rimane, da quella data, solo il geometra Trasatti”.
Un geometra, neppure un responsabile, e una gran mole di lavoro.
Troppo poco, c’è l’estate alle porte e il rischio incendi è altissimo. Tanto che Carlo Giovani scrive una mail al direttore del dipartimento, Emidio Primavera, per sollecitare la sostituzione di Belmaggio:
“Ad oggi, non avendo più il responsabile dell’ufficio che si occupa di suddette attività, tutta l’attività intrapresa è in fase di stallo in quanto l’ufficio è quasi completamente sprovvisto di personale. Ti chiedo cortesemente di occuparti urgentemente della sostituzione di Belmaggio”. E così Primavera si decide ad affidare l’interim a Domenico Macrini.
“La mancanza di personale presso l’ufficio rischio incendi boschivi e valanghe ha avuto anche un riflesso negativo sulla tragedia di Rigopiano”, scrive la Forestale.
Ed ecco infatti cosa succede nei giorni che precedono la tragedia: il 9 gennaio, in occasione della prima ondata di maltempo, il maggiore Marta De Paulis, responsabile regionale del Servizio Meteomont Carabinieri, invia una mail ai referenti della Protezione civile Abruzzo chiedendo la pubblicazione di un comunicato stampa per avvisare la popolazione del pericolo valanghe di grado 4; il maggiore chiede anche chi sia il sostituto di Sabatino Belmaggio.
In effetti l’allerta è altissima:
“Sul versante Maiella e nell’Appennino centro-meridionale risulta essere pari a 4, sulla base della scala europea del grado di pericolo, ovvero pericolo forte. Era consuetudine che con questo grado di pericolo – scrive la De Paulis – si emetteva un comunicato stampa attraverso il sito della Regione. Vorrei sapere chi è il referente regionale per questa materia, ovvero il sostituto del dottore Sabatino Belmaggio, che prima collaborava con noi”.
Nessuno risponde, anche se il 9, il comunicato stampa che segnala il pericolo 4 viene pubblicato. Ma il Servizio è sempre più a secco di personale: l’11 gennaio, a una settimana dalla tragedia, Macrini scrive al suo diretto superiore Giovani per segnalargli “l’urgente necessità di personale tecnico”, visto che da poco è stato improvvisamente collocato in pensione il geometra Trasatti. Trasatti, l’unico addetto al Rischio valanghe, viene messo di ufficio nel pacchetto dei 180 dipendenti regionali da pensionare in anticipo, una specie di black list, un elenco di persone scomode che vengono mandate via senza manco il preavviso. Un’operazione molto contestata perché costa alle casse pubbliche la bellezza di otto milioni di euro e che lascia senza personale parecchi uffici. La motivazione addotta dalla Regione, gli esuberi, è stata poi smentita dai recenti concorsi, banditi a pochi mesi da quella operazione.
“Ti ribadisco l’urgente necessità di personale tecnico al posto del geometra Giuseppe Trasatti, improvvisamente collocato in pensione senza dare la possibilità agli uffici di affrontare le conseguenti fasi organizzative (due uffici senza personale) – scrive in una mail Macrini – Pertanto, come ti ho già rappresentato nella precedente mail, ad oggi le attività del Coreneva sono sospese in attesa di nuove indicazioni operative”.
Non è che ci fossero motivi per stare tranquilli: nel 2012 c’era stata una forte nevicata che aveva determinato la paralisi di tutte le attività economiche, e inoltre negli ultimi 20 anni sono morte oltre 20 persone a causa delle valanghe, in Abruzzo. La Regione avrebbe dovuto saperlo.
I disservizi dovuti alla mancanza di personale, scrive la Forestale,
“si appalesano proprio nei giorni 17-18 gennaio 2017 quando, a causa del maltempo, l’ngegner Macrini non può raggiungere il posto di lavoro e non può divulgare alla stampa il pericolo valanghe 4”.
No, il comunicato che avvertiva del rischio valanghe su tutta la Regione, con un rischio forte “su tutti i pendii caratterizzati da una pendenza superiore ai 30 gradi ed in particolare dove la copertura boschiva è particolarmente rada o assente”, resta bloccato sulla mail del Servizio. Nessuno lo legge e verrà pubblicato solo il giorno dopo la tragedia, il 19 gennaio: l’albergo è crollato sotto una valanga e lì sotto ci sono 29 morti.
“Come ti ho già comunicato- scrive in una mail indirizzata a Giovanil’ingegner Macrini – sono rimasto bloccato per due giorni, 17-18 gennaio 2017 a causa dell’emergenza neve che ha colpito anche la mia località di residenza in totale assenza di energia elettrica e comunicazioni telefoniche. Solo oggi sono riuscito a raggiungere il posto di lavoro e a preparare il comunicato in allegato”.
Solo oggi, cioè il 19. E’ davvero troppo tardi.
Ma è dal giorno dopo che emerge in tutta chiarezza la grande coda di paglia della Regione. Perché mai sennò riuscirebbe a fare in un mese ciò che non ha fatto negli anni precedenti? Solo nove giorni dopo la tragedia e dopo i 29 morti, la giunta regionale su proposta di D’Alfonso e dello stesso Primavera, si legge nell’informativa, si decide a nominare Sabatino Belmaggio dirigente del servizio Prevenzione rischi di Protezione civile (nel quale aveva lavorato fino a poco tempo prima di essere trasferito): Belmaggio prende così il posto di Carlo Giovani , che era il reggente a interim e che il 23 maggio, scosso probabilmente dalla tragedia, comunica via mail la propria indisponibilità a proseguire il suo incarico.
Così, dopo la valanga, la Regione pensa a rimpinguare il servizio che aveva lasciato senza personale in piena emergenza maltempo. Nel suo primo giorno da dirigente, Belmaggio guarda un po’, invia una mail a Primavera per chiedere 1.300.000 euro necessari per la realizzazione della Carta valanghe, che fino a quel momento era rimasta senza un finanziamento e sotto due strati di polvere. Il giorno dopo, che tempestività, Primavera segnala a D’Alfonso e all’assessore al Bilancio Silvio Paolucci, “l’urgente necessità di stanziare i fondi richiesti dal Servizio prevenzione rischi di Protezione civile per l’elaborazione della Carta valanghe”. A stretto giro, Paolucci assicura di predisporre una variazione di bilancio per trovare i soldi.
Ha fretta, tanta fretta adesso Luciano D’Alfonso. Il 6 febbraio striglia dirigenti e assessori. E’ una disperata corsa ai ripari, ma servirà solo a placare le coscienze, non certo a restituire la vita a quelle povere 29 vittime.
E’ delle 17.20 una mail inviata a Ebron D’Aristotile e a Paolucci:
“Ordine di esecuzione senza indugio: si provveda a rendere disponibile la cifra indicata dal Capo dipartimento Primavera, che per quanto mi concerne è pervenuta alla mia attenzione in data odierna e contemporaneamente si dispone l’immediato riscontro favorevole”.
Senza indugio, scrive. E così, finalmente, il 18 luglio del 2017, a sei mesi esatti dalla tragedia, proprio nello stesso giorno, e dopo venticinque anni di attesa, la giunta regionale approva il disegno di legge sulla “realizzazione per la localizzazione dei pericoli da valanghe”
ps: Ci sono voluti sei mesi. Se la Regione avesse usato la stessa sollecitudine a attenzione prima della tragedia, forse tante cose sarebbero andate diversamente. Invece no, invece quell’ufficio era deserto.
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