Sarebbe bastato Pagnoncelli. Ma c’è un altro sondaggio super riservato, commissionato dal centrodestra, che dipinge un quadro drammatico per il Pd abruzzese. Un sondaggio che ha raddoppiato il terrore tra i papabili al seggio parlamentare, che ha messo in guardia molti aspiranti alla candidatura, che ha costretto il presidente della Regione a correre ai ripari.
E insomma, se secondo la proiezione di Pagnoncelli pubblicata giorni fa dal Corriere della sera, il Pd abruzzese è accreditato al 25,5 per cento e non porterà a casa nessun seggio uninominale (il bottino se lo divideranno centrodestra con 2 seggi e Cinquestelle con 3), il rilevamento segreto del centrodestra assegna al Pd soltanto il 23,5 per cento, al Centrodestra il 30 per cento e ai Cinquestelle il 34. Se questo cifre venissero confermate sarebbe una mazzata tombale per il Pd e per la classe di governo abruzzese. Che però si sta già organizzando per consentire ai suoi esponenti di maggior spicco un seggio sicuro.
I dati sono da brivido per i Democrat: il Pd (che aveva riportato il 22,6 % alle politiche del 2013 e il 32,4 alle Europeee del 2014), oggi si fermerebbe al 23,5 (24 a Chieti e L’Aquila, 22,5 a Pescara e Teramo). Il centrodestra guadagnerebbe circa tre punti rispetto alle politiche del 2013 e addirittura 5 punti rispetto alle Europee. Anche i Cinquestelle schizzano in avanti, attestandosi al 34 per cento, contro il 29,9 delle precedenti Politiche e al 20,7 delle Europee.
Più o meno le stesse proporzioni delle intenzioni di voto pubblicate da Pagnoncelli, secondo il quale il Pd abruzzese viaggerebbe deciso verso la catastrofe, con lo zero seggi nei collegi uninominali. Altresì nel proporzionale il Pd potrebbe prendere un seggio, massimo due, ma se si considera che il posto da capolista in genere viene assegnato a un paracadutato da Roma, c’è rimasto ben poco per i candidati nostrani.
Al Senato stesso discorso: forse due seggi ma uno sicuramente riservato a un extra regionale. Che saranno ripartiti così: uno a Pescara-Chieti, l’altro all’Aquila-Teramo.
La conclusione è che ora nei collegi uninominali non vuole candidarsi più nessuno: non certo la prima fila del Pd, che teme la bocciatura e la figuraccia davanti agli elettori. Così è partita la caccia alle seconde file: personaggi noti da sacrificare sull’altare dell’uninominale e magari poi da consolare col solito contentino. Uno dei nomi che si fa è quello del presidente della Saga Nicola Mattoscio, del sindaco di Lanciano Mario Pupillo, del presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, ma non sono i soli. Certo, i candidati all’uninominale avranno anche una candidatura nel proporzionale (ma qui dal secondo posto in poi sono dolori, condanna certa all’esclusione) dove sui nove seggi l’Abruzzo bene che va ne conquisterà uno al massimo due.
Con questo scenario, Luciano D’Alfonso chiaro che dica “vado a Roma solo se mi chiamano a governare”, anche se il sindaco di Francavilla Antonio Luciani nell’annunciare la propria candidatura a presidente di Regione ha fatto notare che Dalfy, in verità non ha mai detto chiaro “Non mi candido”, anzi piuttosto il contrario. In ogni caso è evidente che il governatore tenti di spuntare una candidatura come capolista, e la sua missione a Roma dalla Boschi due giorni fa nel giorno in cui si svolgeva l’incontro per le candidature, sembra sia servita proprio a questo.
Ma la partita si giocherà anche su un altro fronte, quello della Sinistra (Movimento democratici e progressisti, Sinistra italiana, Rifondazione comunista) che il sondaggio del centrodestra accredita al 4 per cento, quindi in recupero netto rispetto alle Politiche del 2013: se non si dovesse fare l’accordo col Pd dopo le elezioni siciliane, è chiaro che in Abruzzo la Sinistra dovrà fare una campagna elettorale contro il Pd e contro Luciano D’Alfonso.
La domanda sorge spontanea: come faranno il sottosegretario Mario Mazzocca, l’assessore Marinella Sclocco, veri pasdaran di Dalfy tanto che fanno parte del governo regionale, e lo stesso parlamentare Gianni Melilla molto appiattito sull’amministrazione, a fare campagna elettorale contro il Pd?
ps: enigmi. E ora il grande ombrello di Dalfy rischia di rivelarsi un enorme boomerang per molti. Per la stessa Federica Chiavaroli, in cerca di una candidatura ammesso e non concesso che faccia parte del pacchetto dei dieci seggi garantiti ad Angelino Alfano.