Questa qui sotto è la lettera pubblicata da Marisa D’Alfonso, sulla sua pagina Facebook. Libraia e segretaria di Sinistra italiana, anche se questo non conta. Storia di sanità malata, a Vasto e non solo. E, soprattutto, specchio dei tempi.
Storia di ordinaria follia, capitolo primo. La prima impressione che ne ricevi quando arrivi è quella dell’ospedale da campo.
Intanto ti chiedi come mai per un paziente che è stato dimesso solo tre giorni prima non sia possibile accedere alle sue cartelle cliniche, così, tanto per ottimizzare i tempi e magari anche i costi. Impossibile, ti rispondono. Non sono collegati on line tra loro.
Il lettino non ha più le sponde, e tu ti impunti affinchè provvedano, alla fine inventate un sistema accettabile.
Trattengono in osservazione il tuo caro e comprendi, durante la notte, che l’osservazione consiste nel fatto che tu, accomodata su una sedia, puoi osservare se continua a respirare, chi altri potrebbe farlo con tutti quei pazienti che sopraggiungono sempre più numerosi?
Parte la caccia alle coperte, mancano anche quelle, nella stanza in cui hanno sistemato il tuo caro c’è aria polare ed è impossibile spegnere il condizionamento, è centralizzata signora, abbiamo chiesto tante volte di ripararlo, purtroppo resta così.
Finalmente scovi un’ulteriore coperta, vecchia e tarlata, metti il tuo borsone tra il tuo caro e il bocchettone, sperando di limitare un po’ il danno.
(Nel frattempo ti rendi conto che al monitor al quale è collegato il tuo caro ogni venti minuti scatta l’allarme ma nessuno interviene e se li chiami, tanto non è importante, signora, l’ossigeno ce l’ha. Ti rassegni ad alzarti ogni volta che nella notte parte l’allarme con la sua lucina rossa intermittente, controlli che respiri ancora e ti risiedi, così fino a mattino)
Man mano nella notte, oltre agli infortunati, giungono tanti anziani che vengono allocati sui pochi letti disponibili e che costringono l’esiguo personale a mansioni che ritenevo non destinate al P.S. : l’accompagnarli in bagno, l’esecuzione di clisteri ecc.
Quando i letti sono finiti tutti quelli che continuano a sopraggiungere trascorrono le ore notturne aspettando seduti il loro turno fino a mattina.
L’unica nota positiva è costituita dall’umanità, dalla pazienza rassegnata e dalla disponibilità di buona parte dell’esiguo personale.
Finalmente arrivati in reparto, a mattina inoltrata, quasi sussurrando, la caposala ti dice: mi vergogno, ma non è che avrebbe un materasso antidecubito? Noi purtroppo li abbiamo finiti.
Mi pongo diversi interrogativi riassumibili in uno: ma come abbiamo potuto ridurci così?
Chi opera “riorganizzazioni” (alias tagli) ogni tanto un giro lo fa in certi posti oppure si limita a proclami ed inaugurazioni?
Qui c’è da ripensare tutto, ab initio”.