Duecentodieci centimetri di calcare tenero locale, un unico blocco di pietra finemente lavorato che un sapiente, sottile gioco di luci ed ombre esalta in tutta la sua silenziosa magnificenza: è questo ciò che il visitatore incontra quando, appena oltrepassato l'ingresso della raffinata Villa Frigerj, sede del Museo Archeologico Nazionale d'Abruzzo (Chieti), si affaccia alla grande sala del Guerriero, così progettata da Mimmo Paladino.
Meraviglia, estasi ed un senso di profondo rispetto invadono i sensi al cospetto dell’enorme scultura, risalente alla metà del VI sec. a.C., casualmente rinvenuta nel corso dei lavori di dissodamento di un terreno in località “Cinericcio”, nel borgo di Capestrano, nel 1934. Ad essere rappresentata è una figura maschile in abiti militari con le braccia ripiegate sul petto, con ogni probabilità una statua funeraria di un principe guerriero originariamente collocata sulla sommità del tumulo di terra posto sulla tomba.
Di notevole impatto è l’enorme copricapo a forma di disco, completato dalla calotta semisferica, mentre i lineamenti del volto, così lontani da ogni volontà di resa realistica, fanno oscillare i pareri degli studiosi da una semplice volontà di stilizzazione da parte dell’artista, alla realizzazione di una vera e propria maschera protettiva o funeraria.
L’abbigliamento militare è finemente riprodotto, con una cura nella minuta narrazione dei dettagli che ribadisce la già esplicita, notevole, perizia tecnica dell'artista: dalla fascia sul collo (elemento ornamentale ma anche difensivo), alla spada, al piccolo pugnale con manico decorato con figure umane, dall’ascia/scettro, alle due lunghe lance, mentre a proteggere schiena e torace sono le tipiche corazze kardiophylakes, ovvero “paracuore”; l’addome è coperto da una lastra retta da fasce e stringhe, le gambe da schinieri e i piedi da calzari.
Un'enigmatica iscrizione corre lungo uno dei pilastrini laterali a sostegno della scultura e così recita: "MA KUPRI KORAM OPSUT ANANIS RAKI NEVII". Tra le interpretazioni più accreditate, la "me bella immagine fece Ananis per il re Nevio Pompuleio", fornirebbe anche il nome dell’artista e una identità al nostro guerriero. Ma il vivo dibattito tutt'oggi in corso lascia aperto ogni interrogativo su questo personaggio ed irrora di nuova linfa l'alone di mistero che da sempre ne avvolge il profilo.
Nel corso del G8 svoltosi a L'Aquila nel 2009 l'opera fu esposta e assurta quale emblema delle bellezze d'Abruzzo ferite dal tremendo sisma datato 6 aprile. E non è un caso.
Magnificenza discreta, sobria, controllata, robusta fierezza e composta autorevolezza: le principali caratteristiche della nostra amata terra, scolpite su pietra. Come un “olio su tela” traspone l’intima natura dell’artista, il celeberrimo Guerriero di Capestrano registra e rimanda, consegnandolo alla storia, l'intrinseco spirito abruzzese, divenendo vero e proprio simbolo regionale.
Nel Guerriero, a ben guardarlo, si scorgono la possente imponenza del Gran Sasso, il gentile digradare delle nostre colline, la silenziosa quiete dell’Adriatico d’inverno, l’innata forza della nostra gente. Nel Guerriero, a ben guardarlo, scorgiamo noi stessi.
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