Nessun punto, molti a capo. L’assemblea della Fira, la finanziaria regionale abruzzese, che si è tenuta stamattina alla presenza del presidente della Regione Luciano D’Alfonso, si chiude con un nulla di fatto. Sì certo, faremo la trasformazione in una in house providing ha assicurato il governatore, ma quando vattelappesca.
Nessun percorso da seguire, nessun termine, nessuna data certa: solo e soltanto l’impegno alla trasformazione, tra l’altro obbligatorio visto che c’è la sollecitazione della Banca d’Italia.
Escono con l’amaro in bocca, i consiglieri di amministrazione, scuro in volto il presidente Alessandro Felizzi. D’Alfonso chiede verifiche procedurali soprattutto in merito alla legge 16, quella sui capannoni dell’ex assessore Vito Domenici, che erogò alle imprese mutui a tasso zero a 20 anni proprio per la costruzione di nuove strutture industriali e che poi scatenò l’inchiesta giudiziaria con 100 indagati.
In ogni caso un termine c’è, ed è il 6 novembre: a partire da questa data i 19 dipendenti della Fira dovrebbero entrare in cassa integrazione. Superarlo significherebbe far fare un salto nel buio alla Finanziaria regionale e abbandonare gli impiegati al loro destino.
Ma è ormai da mesi che continua il tira e molla e i ritardi accumulati non si giustificano. Soprattutto alla luce del piano elaborato dalla società per consentire una trasformazione indolore, con la liquidazione dei soci privati attraverso una riconversione del capitale in prestito obbligazionario. Una soluzione che avrebbe consentito alla Fira di mantenere inalterata la capacità, solidità e autonomia finanziaria con cui affrontare le successive fasi di attuazione del piano industriale presentato a Banca d’Italia.